Mondo Inter

Young: “Eriksen? Tanta pressione. Divario Juventus-Inter? I conti alla fine”

Seconda parte dell’intervista di Ashley Young al “Corriere della Sera”. Nel primo spezzone, l’esterno dell’Inter si è soffermato sugli obiettivi del club e sui margini di miglioramento con Antonio Conte. Qui ancora qualche parola sul tecnico pugliese, poi le difficoltà di Eriksen e la quarantena forzata dopo la sfida con la Juventus.

PROFETA – La prima parte dell’intervista di Ashley Young, al “Corriere della Sera”, si era chiusa parlando di Antonio Conte. Ma il tecnico pugliese deve aver davvero stregato l’ex Manchester United, che lo descrive come una sorta di dodicesimo uomo: «Guida ogni allenamento con la stessa passione e intensità di una partita. Non tutti i tecnici ci riescono. È sempre lì a spiegarti, farti vedere. Guardate come esulta al gol: il coinvolgimento è totale. Divario Juventus-Inter? I conti li facciamo a fine stagione. Poi è vero, ci hanno battuto. Per un giorno però ciascuno di noi può essere quello che non è, in positivo o in negativo. Di certo in rosa la Juventus ha più esperienza di noi. Christian Eriksen? Ha addosso una pressione incredibile, succede quando sei un giocatore del suo calibro. Al Tottenham hanno fatto di tutto per tenerlo, perché sono quelli come lui che possono farti vincere trofei. Sappiamo quanto vale Eriksen e quanto è e sarà importante per noi».

TO STAY – Il contratto di Young è in scadenza a giugno, ma c’è un’opzione di rinnovo per un’altra stagione: «Certo che voglio restare. Amo l’Italia, Milano, il calore dei tifosi. Voglio restare e vincere. Sto imparando la lingua, siete un popolo con passione. E poi simpatici: quando parlate in realtà strillate (ride, ndr). Differenze con la Premier League? Nessuna. Forse la Serie A è solo più tattica della Premier. L’intensità? Ma va’, uguale. Ho scelto l’Inter per vincere trofei: quello è il sentimento che ti spinge in qualsiasi parte del mondo uno decida di andare».

SFORZO YOUNG – Ma il campo sembra ancora lontano e c’è un nemico invisibile fuori dalle nostre case: «Molti dicono di non riuscire a stare chiusi in casa per tre settimane. Io chiamo spesso un mio amico. Era malato, ha avuto il cancro, è rimasto sei mesi in ospedale, sospeso tra vita e morte. Mi racconta quanto è stato difficile. Penso a lui, a quello che ha passato. Stare in casa non è difficile, si riscoprono gli affetti, la famiglia, per cui non abbiamo mai tempo. Aiuta stare insieme in un periodo così. Alla fine direi che è una grande opportunità: non sprechiamola».

Fonte: Corriere della Sera – Guido De Carolis

 

 

 

 

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