Brambati: “Conte? Doveva parlare dopo il Cagliari, Inter debole! Eriksen…”
Conte non ha parlato al termine di Inter-Cagliari, ufficialmente per motivi di salute (vedi articolo). Massimo Brambati, procuratore sportivo ed ex calciatore, ha detto la sua sull’accaduto, addossando le responsabilità alla società nerazzurra. Di seguito le sue dichiarazioni ai microfoni di “Maracanà”, in onda su “TMW Radio”
SCELTA SBAGLIATA – Antonio Conte non ha parlato al termine di Inter-Cagliari, sfida finita tra le polemiche. Massimo Brambati critica la scelta: «Io mi sono un po’ stupito. Allora, Antonio (Conte, ndr) è un amico e Cristian Stellini anche. Sono due ragazzi straordinari. Secondo me lì c’è stata una scelta sbagliata. Io ho sentito dei tifosi interisti lamentarsi che dopo un pareggio in casa non si è presentato, a loro interessava sapere cosa avrebbe detto Conte e non l’allenatore in seconda. Secondo me il fatto di non presentarsi è stato un errore. Forse c’è stato anche uno sbaglio della società, che dovrebbe imporre all’allenatore di andare. Invece non si è presentata nemmeno la società. Una mossa poteva essere quella di mandare Beppe Marotta».
INCONTENTABILE – L’arrivo di Christian Eriksen (vedi articolo) non può essere una medicina per Conte, secondo Brambati: «Eriksen non può essere la medicina perché sarebbe l’ultima medicina. Nel senso che Conte è questo, ci piaccia o no. Ormai le società lo conoscono tutte. E’ evidente che dopo l’arrivo di Eriksen chiederà Tizio, poi Caio e poi Sempronio. Come ha fatto nel passato, dalla Juventus è andato via nel giorno del ritiro. E’ nel suo modo di essere questa continua pretesa di avere altro, di avere più, di avere ancora. Però è questo Conte. Finché non arrivava Ashley Young, finché non arrivava Victor Moses, Romelu Lukaku, Eriksen… La società deve sapere quello a cui va incontro. Probabilmente la società in questa circostanza è stata debole nei confronti di Conte. Ma io credo che le società con Conte o sono deboli nel senso che lo lasciano stare oppure sono forti nel senso che lo mandano via».