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Samardzic all’Inter per orgoglio e pregiudizio: gestione grottesca in tre punti

Samardzic diventa un caso in casa Inter anche se è ancora un calciatore di proprietà altrui. Il centrocampista dell’Udinese deve solo firmare il contratto che lo legherebbe alla società nerazzurra ma l’operazione, protratta oltre ogni aspettativa, è a un bivio grottesco. Evitabile?

OPERAZIONE IN TRE PUNTI – Dell’acquisto di Lazar Samardzic in ottica Inter si parla da così tanto tempo che viene il dubbio che solo Simone Inzaghi non ne sappia nulla. Perché alla fine Samardzic non è sceso in campo a Salisburgo e non lo farà nemmeno contro l’Egnatia a Ferrara. Una settimana importante per preparare l’esordio stagionale a San Siro contro il Monza ma persa dietro all’ennesima telenova di calciomercato estiva a tinte nerazzurre. O di non-calciomercato, perchè di questo si parla oggi. Anche il gioco delle colpe da attribuire e delle responsabilità da assumersi non serve a niente. Il solito scaricabarile utile solo a prendere altro tempo per trovare una versione credibile a tutta la questione. Eppure non bisogna andare poi così avanti con le ipotesi. La situazione si può riassumere in tre punti. Il primo: l’accordo tra l’Inter e l’Udinese, che coinvolge anche Giovanni Fabbian e non solo Samardzic. Trovato? Perfetto, 1-0 e palla al centro. Il secondo: l’accordo tra l’Inter e Samardzic, inteso come entourage al completo per mettere nero su bianco con le firme. Trovato? No, 2-0 fallito e allora stop. Il terzo punto non deve nemmeno esistere: le visite mediche autorizzate ed effettuate per l’Inter prima di aver definito il punto due. L’ipotesi Samardzic a Milano, mentre l’Inter è in campo a Salisburgo, non deve concretizzarsi mai senza aver definito al 100% tutti i dettagli dell’operazione. Questo il riassunto del’operazione congelata improvvisamente e messa inutilmente a rischio: senza dare colpe a nessuno ma nemmeno meriti, la gestione è grottesca da ogni prospettiva. E l’Inter non può permetterselo.

Samardzic-Inter nata male fin dal principio

TRA LUSSO E PRIORITÀ – In questo periodo delicatissimo sono tante le cose che l’Inter non può permettersi. Sia in sede di calciomercato sia a livello mediatico. Samardzic arriva a Milano e aspetta. Nello stesso range di tempo arriva Emil Audero e ne arriva anche l’annuncio nel giro di 24 ore. Visite mediche per entrambi ma firma solo per il portiere in prestito dalla Sampdoria con conseguente comunicato ufficiale. Audero è il nuovo dodicesimo dell’Inter dopo l’acquisto del numero 1 Yann Sommer dal Bayern Monaco. Un innesto teoricamente di contorno e infatti né definitivo né con obbligo di riscatto. Lo stesso “contorno” che avrebbe dovuto caratterizzare l’arrivo di Samardzic all’Inter e invece così non è. Finché c’è Stefano Sensi, il classe 2002 serbo è un lusso per il centrocampo nerazzurro. Anzi, per la rosa in generale. Questo perché Sensi è un esubero, non perché il classe ’95 italiano sia la soluzione in caso di fallimento dell’operazione Samardzic per l’Inter. In realtà Samardzic per l’Inter oggi sarebbe un lusso a prescindere da Sensi. Semplicemente perché a Inzaghi manca l’attaccante (semi-)titolare e non ci sono margini per portarlo ad Appiano Gentile senza inventarsi qualcosa di particolarmente creativo. Investire sul “sesto centrocampista” avendo ancora Sensi in rosa ma non sul “secondo attaccante” è strano a priori. Un lusso che non ci si può permettere oggi ed è oggettivo. Un po’ come parlare di investimento sul “sesto difensore” anziché sul già citato attaccante da gol promesso da Piero Ausilio dopo la beffa Romelu Lukaku (e non solo). Questione di priorità. Priorità e non principio: l’affare Samardzic non può saltare né per orgoglio da una parte né per pregiudizio dall’altra. Resta la gestione grottesca dell’operazione ma soprattutto la mancanza di un chiaro disegno, tracciato punto per punto seguendo le priorità, per consegnare a Inzaghi l’Inter migliore.

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