Editoriali

Inter, specchiati nella tua follia! La Sampdoria un anno dopo ti aiuta a capire chi sei

La vittoria del Ferraris contro la Sampdoria ha un retrogusto di normale follia a cui l’Inter ci ha abituato. Ma nella gestione emotiva del match emerge tutta la consapevolezza della squadra di Conte. Il confronto con lo stesso avversario, lo scorso anno, rende bene l’idea della mutazione messa in piedi dal tecnico salentino.

ELOGIO DELLA FOLLIA – Quando diceva di voler rimuovere la follia tra le caratteristiche peculiari della sua Inter, Antonio Conte non diceva sul serio. Il suo slogan era rivolto a un codice genetico imbevuto nella necessità di passare attraverso il paradosso, anche per ottenere la più normale delle vittorie casalinghe. Ma Conte non voleva ostracizzare la follia, voleva semplicemente domarla. Voleva piegarla al suo volere per dimostrare che l’Inter, la sua Inter, è una squadra straordinariamente normale.

PAZZA INTER NEL DNA – Lo scorso anno, di questi tempi, la squadra di Luciano Spalletti era alla ricerca disperata di normalità interiore, dopo essere tornata nell’Europa dei grandi sul filo di lana e aver battuto orgasmicamente il Tottenham. Era il 22 settembre del 2018 e Marcelo Brozovic al 94′ decise il match di Marassi contro una Sampdoria diversa, ma non meno temibile, rispetto a quella sconfitta sabato pomeriggio. Partita folle quella: due gol annullati dal VAR, il fendente di Brozovic a regolare i conti e Spalletti che esulta in faccia alle telecamere sull’onda emotiva di quegli istanti. Non era un’Inter ordinaria, come ordinari non sono stati i suoi picchi e i suoi periodi di buio assoluto. Ma la parola d’ordine, alla corte di Conte, è da oggi normalità, che fa rima con regolarità e quotidianità, e che se abbinate al lavoro faranno di certo contento il tecnico salentino.

MOMENTI IN CUI SPECCHIARSI – Anche San Siro ha provato a rimuovere i suoi fastidiosi strascichi di follia, lanciando “C’è solo l’Inter” nel pre-gara, e costringendo i nerazzurri a cercare altrove il modo per riscoprire antichi bagliori di non senso. L’Inter, a Genova, si regala un pomeriggio thriller, iniziato come meglio non poteva e finito in bilico sopra a un dirupo. L’Inter, a Genova, si specchia in sé stessa e in quello che sarebbe potuta essere, qualora non avesse abbracciato la via della banalità. Il rosso ad Alexis Sanchez e la rete di Jakub Jankto, in una frazione di momenti, riaprono un buco temporale sul DNA nerazzurro, riportando alla luce vecchi timori. Due episodi, quelli, che l’Inter finirà addirittura per cavalcare.

PARADOSSALE CONSAPEVOLEZZA – La partita contro la Sampdoria è servita a Conte per capire che la follia non può essere sconfitta, bensì piegata all’ordine banale delle cose. Una banalità che riesce a far passare un’espulsione e un gol subito, in rapida sequenza, come le più banali fra le circostanze possibili nell’arco dei novanta minuti. E l’Inter sembrava quasi divertirsi e ritrovare allegria nella gestione non più euforica, ma banale dei singoli momenti. Banale quanto una vittoria con due reti di scarto, ricordandosi di soffrire solo quando le circostanze lo richiedono veramente. Banale come i soli due gol incassati nelle prime sei apparizioni in campionato. Banale come le sei vittorie in altrettante gare e come un avvio bruciante a dir poco, che negli ultimi anni era diventato preludio nefasto dei mesi bui successivi. Ma l’Inter ha smesso di specchiarsi nella regolarità della sua follia. È riuscita a domarla ed è una sensazione strana, come l’idea di scendere in campo ogni volta per un obiettivo, che non può essere detto, che non può essere esclamato, ma che deve tornare ad essere necessariamente normale.

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