Antonello: «Stadio? Sistema Italia non agevola. Rozzano? Una criticità»
Il Ceo corporate dell’Inter, Alessandro Antonello, ha parlato in occasione del Social Football Summit tenutosi oggi a Roma. Il dirigente nerazzurro ha parlato di stadio con Rozzano in primo piano.
SISTEMA NEGATIVO − Antonello, oltre a parlare di Juventus-Inter, si è scagliato contro il comune e il sistema amministrativo italiano: «Si lavora ad un nuovo San Siro. L’infrastruttura evidenzia segni tangibili di inadeguatezza rispetto a quelle delle big europee. La sentenza del Tar sul vincolo al secondo anello è stata rinviata a dicembre perché la sezione che doveva discutere il tema non era quella ideale. Il messaggio da lanciare è: in Italia ci si trova a dover combattere con un sistema amministrativo che non agevola gli investimenti. Siamo felici per l’assegnazione dell’Europeo, ma noi è dal 2019 che lavoriamo a un progetto stadio e ci servono tempi certi per colmare un gap con le big europee».
ROZZANO − Le parole di Antonello sul nuovo progetto: «Percorribile, quell’area è di proprietà della famiglia Cabassi con la quale abbiamo un’esclusiva fino al 2024. Oggi stiamo facendo tutte le valutazioni. Unica criticità il traffico, è un’area abbastanza congestionata. Di conseguenza edificando uno stadio ci potrebbero essere problemi. Comunque si tratta di un’area idonea per ospitare non solo uno stadio, ma anche tutte quelle attività legate allo stadio. Vorremmo mettere anche la nostra sede, attività per la cittadinanza e dare un contributo alle città di Rozzano e Assago».
SOSTENIBILITÀ − Infine, Antonello sulle difficoltà del calcio dopo il Covid: «Sostenibilità è un termine che sembra scontato, ma con la pandemia questo concetto è tornato alla ribalta, il calcio europeo ha accusato 7 miliardi di perdite. La Uefa è intervenuta con nuove regole, più stringenti da un lato, ma che hanno permesso ai club più danneggiati dalla pandemia di riprendersi gradualmente. La solvibilità deve essere uno dei cardini del sistema, altrimenti questo rischia di implodere».