Inter, in estate zero rivoluzioni. Solo l’esito di un percorso già iniziato
Una rivoluzione prevede un cambiamento totale, di questo non si può parlare in casa Inter. Le cessioni non sono una novità, sono ordinarie e obbligatorie per una società che deve imporre l’autofinanziamento.
ORDINARIO – È bastata una sola serata per ricominciare a sentir parlare di “crisi” in casa Inter. La squadra nerazzurra non ha di certo brillato lunedì, ma non per questo si deve passare all’estremo citato. Quando poi si tocca questo tema, si passa automaticamente al punto focale: il mercato. In questi giorni si è parlato di rivoluzione (vedi articolo), in realtà per la tifoseria questa è diventata l’ordinarietà. La società meneghina non è solida come dovrebbe, si trova in una situazione tragica a dir poco e in automatico il mercato viene visto sempre in accezione negativa. Giugno e luglio sono i mesi in cui la squadra viene cambiata, ma non rivoluzionata.
Inter, la cessione è routine
ADDIO – Per rivoluzione si intende ovviamente un cambiamento totale, ma non è ciò di cui si può parlare per l’Inter. A Milano sponda nerazzurra questo processo è iniziato anni fa, precisamente dopo lo Scudetto di Antonio Conte. Le cessioni di Achraf Hakimi e Romelu Lukaku, seppur per tanti milioni di incasso, sono state solamente il primo passo verso ciò che vige oggi. L’autofinanziamento è obbligatorio, i debiti verso le banche (vedi articolo) ma non solo lo impongono. L’unico modo per andare avanti è cedere, guadagnare e reinvestire una piccola parte del ricavato per tenere mediamente alto il livello della squadra. Per questo motivo Denzel Dumfries è prossimo all’addio, così come è incerta la conferma di Romelu Lukaku. Tutto questo non dipende dalle prestazioni dei calciatori, ma dagli input che provengono dalla società.