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Inter, i primi tempi non bastano. Ma Conte è già andato oltre le aspettative

Il secondo tempo di Dortmund ha aperto un vaso di Pandora, scatenando l’amarezza di Conte e gettando polvere sul percorso della sua Inter. Le cause del tracollo tedesco sono molteplici, ma non va dimenticato quanto di buono fatto finora.

URLO IN GOLA – È un’Inter da eiaculazione precoce quella che osserva il Borussia Dortmund sfrecciare sulle corsie laterali e banchettare sui suoi orrori. Il secondo tempo del Westfalenstadion si somma a quello del Camp Nou, elevando ufficialmente il sintomo a patologia riconosciuta. I nerazzurri pagano dazio sotto tante forme, anche se la strada della carenza di alternative è la più comoda, oltre che la più ovvia. Conte cambia effettivamente solo due interpreti rispetto alla sofferta vittoria di Bologna, ma i difetti dell’Inter calcano più in profondità. Le polemiche del post-partita rischiano di far passare sotto traccia errori, come quello in combutta tra Marcelo Brozovic, Antonio Candreva e Diego Godin, che spiana la strada a Julian Brandt verso l’angolino alla sinistra di Samir Handanovic. Il secondo tempo di Dortmund diventa un calderone di immaturità, inesperienza e paura di soccombere. Un melting pot in cui è difficile distillare le reali motivazioni di un tracollo fulmineo e repentino. L’affanno di Cristiano Biraghi, capace a un certo punto di inseguire Achraf Hakimi soltanto con gli occhi, fotografa lo spettro delle difficoltà fisiche nerazzurre. D’altronde, il Borussia non è il Brescia e la differenza di ritmo a certi livelli balza fuori in maniera imbarazzante.

ATTENZIONE – I dardi delle critiche, tuttavia, non possono dimenticare che questa squadra è già andata oltre ogni più rosea aspettativa. Basta sporgere di poco la testolina oltre la trincea per osservare le piogge di proiettili sugli altri fronti. Non ultimo quello del Napoli, che in tutto questo marasma riuscirebbe comunque a cogliere una comoda qualificazione agli ottavi di Champions League. Al netto delle isterie di Antonio Conte e delle sue irrefrenabili ambizioni, difficilmente il tecnico leccese baratterebbe un paio di punti in più, nel Gruppo F, coi ventotto mattoncini messi insieme in campionato. Lo sfogo dell’allenatore nerazzurro può essere letto da angolazioni differenti, ma non deve spostare il focus sui progressi di una squadra che (praticamente un anno fa) arrancava nel fango. Il tracollo di Dortmund ha diverse madri ma forse un’unica paternità. Da Conte sarebbe stato lecito attendersi un intervallo in stile sergente Hartman, per tenere alta la soglia d’attenzione della squadra. E invece i nerazzurri sono tornati in campo satolli, con l’interruttore della paura pronto a scattare verso l’alto alle prime avvisaglie di tempesta giallonera.

AVANTI TUTTA – Lasciando da parte il post, che proprio perché cronologicamente distante non può incidere sul pre (ma può modificarne la percezione), la sconfitta ha comunque stimolato un sincero esame di coscienza. Sorprende che arrivi al netto di un secondo posto in classifica, neanche troppo distante dal primo a dirla tutta, e dopo una serie di mezzi tempi orgasmici nei migliori palcoscenici d’Europa. Rei soltanto di aver congelato colpevolmente il gusto del colpo grosso in canna. Dev’essere chiaro: l’Inter sta andando oltre le sue possibilità. Al netto di un campionato ancora in fase interlocutoria e di una Champions le cui difficoltà erano note in data 29 agosto. Scegliere Conte, per tornare sulle isterie, comprendeva tutto il pacchetto, inclusi i fantasmi del ristorante da cento euro, di cui l’Inter, negli ultimi anni, faticava persino a leggere l’insegna. La gestione della situazione non è complicata come vuole sembrare, perché l’Inter è su una strada che farebbe invidia al 95% delle squadre di Serie A. Ma se dittatura Conte dovrà essere, dittatura Conte sia. I cavalli buoni impenneranno fieri sulla soglia del traguardo.

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