Ravezzani: “Coronavirus? Calcio cambi parametri! FIGC, UEFA più saggia”
Ravezzani è intervenuto telefonicamente su “Top Calcio 24”. Il direttore di “Mediapason” si è espresso sul rinvio di UEFA Euro 2020 (vedi articolo) facendo una riflessione sul calcio in questo momento di piena emergenza Coronavirus
RINVIO EURO 2020 – Fabio Ravezzani commenta così la notizia del giorno: «Mi sembra una buona notizia, per quanto abbastanza scontata. Tutto sommato ho trovato anche opportuno l’atteggiamento dell’UEFA. L’UEFA è stata zitta, non ha fatto mille ipotesi, è stata più saggia della nostra federcalcio che ha parlato in continuazione dicendo tutto e il contrario di tutto. Ha fatto una riunione e ha rinviato la competizione. Credo che sia stato più giusto, serio e saggio fare così piuttosto che rilasciare mille interviste per non dire nulla. Dobbiamo essere positivi e pensare che questa soluzione porterà poi alla conclusione del campionato entro il 30 giugno e contestualmente alla disputa della Champions League. Mi pare che questo dia un mese e mezzo di respiro in più. Ipotizzare che ci siano i tempi tecnici per arrivare al 30 giugno se le cose dovessero rientrare con un lasso ragionevole mi sembra anche plausibile. Credo che se non si riesce a chiudere entro il 30 giugno diventi molto difficile, perché subentrerebbe una serie di complicazioni burocratiche e legali. Una per tutte, i club che hanno giocatori con il contratto in scadenza il 30 giugno cosa fanno, una deroga? Nell’emergenza magari i contratti verranno procrastinati fino al 31 luglio. Però allo stadio attuale è logico che l’UEFA provi a pensare di chiudere tutta la stagione il 30 giugno per tutte le squadre di club».
CORONAVIRUS CAMBIA IL CALCIO? – Ravezzani conclude la sua analisi con una riflessione di carattere generale sul mondo del calcio: «Proprio perché questo non è un anno normale, non ha alcun senso porsi il problema se ad agosto sia normale o meno giocare. Bisognerà fare una serie di cose anomale. Tra le cose anomale, credo che tutti i protagonisti di questo show che si chiama calcio in Italia e in Europa entrino nell’ordine di idee di cambiare i parametri anche economici. Che accettino di avere delle decurtazioni di stipendio, di dover lavorare in mesi in cui magari facevano altre cose e adattarsi alla nuova realtà per tornare il prima possibile alla normalità. Io credo che se non ci sarà questa presa di coscienza da parte di tutto l’ambiente, e il calcio è solo uno dei tanti ambienti che dovrà cambiare atteggiamento, cultura, filosofia e privilegi, non riusciremo a uscire da questo imbuto».