Mondo Inter

Biasin: «Acerbi aveva un dovere! Non solo questioni di campo»

Fabrizio Biasin, all’interno del suo editoriale pubblicato su TuttoMercatoWeb, ha parlato del caso Acerbi-Juan Jesus ammonendo duramente il difensore nerazzurro

DOVERE – Queste le considerazioni di Biasin: «È successo un bel casino. E “bel” non c’entra davvero nulla. Riguarda Juan Jesus, Acerbi e tutta la faccenda che ben conoscete. Ognuno ha il suo punto di vista, ci mancherebbe. Rispetto a quanto accaduto durante Inter-Napoli, Juan Jesus inizialmente ha detto “sono cose di campo” e così ha confermato di essere una gran bella persona, uno che ti viene incontro, uno che ti allunga la mano. Solo che poi è successo l’irreparabile. Acerbi aveva un dovere che era anche un diritto, ovvero quello di esporsi. Lo ha fatto in Stazione Centrale, decisamente non il luogo adatto, tra l’altro dopo essere stato allontanato dalla Nazionale. Ha detto così: “Gioco a calcio da 20 anni e so quello che dico. In campo succedono tante cose, giocando si possono dire tante cose. Poi quando l’arbitro fischia ci si dà la mano e amici come prima. Non ci deve essere razzismo in nessun posto al mondo e io non ho detto alcuna frase razzista”. Rispetto a queste dichiarazioni, la replica di Juan Jesus era scontata e, infatti, eccola qui: “Per me la questione si era chiusa ieri in campo (…) Oggi però leggo dichiarazioni di Acerbi totalmente contrastanti con la realtà dei fatti (…) Così non ci sto. Il razzismo si combatte qui e ora. Acerbi mi ha detto ‘vai via nero, sei solo un negro’. In seguito alla mia protesta con l’arbitro ha ammesso di aver sbagliato e mi ha chiesto scusa aggiungendo poi anche: ‘Per me negro è un insulto come un altro’. Oggi ha cambiato versione e sostiene che non c’è stato alcun insulto razzista. Non ho nulla da aggiungere”. Capite perfettamente che no, non potevano e non possono essere solo “questioni di campo”. Rispetto a tutta questa faccenda c’è chi dice “ma smettetela, è andata così e buonanotte”. No, buonanotte mica tanto. Qui non si tratta di provocazioni o di banalissimo “calcio”; queste, piaccia o non piaccia, sono cose troppo più importanti. Chi nel 2024 ancora non lo capisce è complice del problema».

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