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Zanetti: «Inter, mi auguro ci sia sempre unità d’intenti. Ammiro Maldini»

Zanetti è il protagonista di Careers Legend, format di Inter TV che ripercorre la carriera delle leggende nerazzurre. L’ex capitano e ora vice presidente parla dei momenti più belli della sua lunga storia interista ma anche delle partite che hanno segnato negativamente la carriera. Poi un pensiero speciale per Maldini e Baggio

PRIMO IMPATTO – Javier Zanetti ripercorre la sua storia all’Inter partendo dalla presentazione: «La prima presentazione mia e di Rambert da parte dell’Inter, insieme a una grande persona come Facchetti che ha fatto la storia di questo club, è stato il mio primo impatto con l’Italia. Direi che questo momento rappresenta l’inizio della mia carriera all’Inter. La prima volta che indossavo un abito perché quando giocavo in Argentina l’abitudine non era quella di indossare un abito o magari solo per una grande festa.  Quando mi hanno detto che l’Inter mi aveva preso sono corso a comprarlo, un abito che tra l’altro costava caro. Mi ricordo che c’era un diluvio universale. Rambert lo sento ogni tanto, fa il secondo allenatore di Ramon Diaz. Abbiamo un bel rapporto, io penso che fosse un sogno per entrambi arrivare all’Inter. La verità è che in quel momento lì era lui quello forte, io ero uno sconosciuto. All’epoca potevano giocare solo tre stranieri in Italia, io ero il quarto però dopo diciamo che ho avuto la felicità di iniziare a giocare e non fermarmi più. Per me parlare d Giacinto (Facchetti, ndr) è sempre una grande emozione perché da quando l’ho conosciuto ho capito prima che era una grandissima persona, umanamente parlando. Poi soltanto la sua presenza ad Appiano Gentile ti poneva questo rispetto, faceva capire tante cose con il suo silenzio. Mi ha insegnato tanto e mi manca molto».

FORZA DEL GRUPPO – Zanetti ricorda poi la finale di Coppa UEFA vinta a Parigi contro la Lazio anche grazie a una sua rete: «È stata la mia seconda finale a livello internazionale con l’Inter, perché la prima l’abbiamo persa in casa con lo Schalke, questa era una rivincita per noi. Non è semplice arrivare per due anni di fila in una finale internazionale. È stata una notte da sogno, un gol molto importante per me perché era il secondo, ci dava tranquillità. Di fronte avevamo la Lazio che era fatta da grandi campioni e dopo il gol di Zamorano, fare un gol come il mio penso che sulla faccia si vede tutta la mia gioia anche perché in tribuna c’era tutta la mia famiglia e condividere con loro e i tifosi quel momento è stata una felicità immensa. Il gruppo di Simoni? Questo gruppo se lo ricordano tutti perché era un bel gruppo, eravamo una famiglia e Simoni ci trattava come dei figli, con dei valori umani immensi. E questo gruppo ha vinto questa coppa perché era unito e generoso. Potevamo vincere anche di più, poi abbiamo capito il perché ma comunque lasciavamo tutto in campo».

OLTRE I COLORI – Zanetti parla poi della grande amicizia con Paolo Maldini e Roberto Baggio: «Maldini è una persona che ho sempre ammirato perché, al di là della rivalità tra Inter e Milan, c’è prima la persona e con lui c’è sempre stato feeling dentro e fuori dal campo. È una persona leale, sempre molto rispettosa, abbiamo fatto tantissimi derby e credo che in tutti ognuno di noi difendeva la sua maglia però poi rimane questa grande amicizia. L’avversario più grande? Ho avuto la fortuna di giocare con grandi giocatori e marcare grandissimi campioni, mi viene in mente Roberto Baggio perché anche con lui ho un grande rapporto. Lui ama l’Argentina. Abbiamo legato subito e poi affrontarlo come avversario non era mai facile. Poi Zidane, Giggs, Messi che ho dovuto affrontare anche in semifinale di Champions. Sono tutti campioni e grandi persone».

STRACITTADINA – Chi meglio di Zanetti può descrivere le emozioni dei derby milanesi: «Il mio gol al derby? È finito 2-2. I derby sono sempre molto sentiti. Io che ho avuto la fortuna di giocarne tanti, posso dire che difficilmente trovi la stessa emozione in altre partite. È una sensazione unica vedere San Siro così strapieno. Io mi ricordo quei due derby di Champions dove siamo andati fuori per due pareggi, però sono stati due derby in due settimane e c’era una tensione a Milano che ovunque andavi ti facevano sentire l’importanza di questa partita».

CICLO VINCENTE – Zanetti parla poi del gruppo che nel 2010 trionfo in Italia e in Europa: «La Coppa Italia del 2010, l’ultima vinta con quel gruppo, con Cambiasso, Milito e Samuel che sono persone che hanno dato tutto per l’Inter. Anche se eravamo tutti argentini, non ci sentivamo stranieri perché l’Inter era casa nostra e volevamo solo scrivere pagine importanti. Quella coppa rappresenta la fine di un ciclo vincente che è durato 6 o 7 anni, dove abbiamo vinto tutto e lo abbiamo fatto perché era una squadra di grandi uomini. Ci aiutavamo tutti. Era un gruppo molto generoso sia con Mancini che con Mourinho, grandi allenatori che ci facevano andare oltre le nostre possibilità».

RESILIENZA – Zanetti e il suo rapporto con le giovani generazioni: «Io dico sempre quando parlo con i ragazzi di adesso, che a volte dopo una sconfitta sono tristi, guardate che l’Inter è resiliente. E lo dice uno che nei primi dieci anni ha vinto solo una Coppa UEFA e ha visto vincere prima tutti gli altri, ma ha sempre insistito con la voglia di non mollare mai. Lo dicevo sempre anche a Moratti che il nostro momento doveva arrivare perché era impossibile il contrario e il tempo mi ha dato ragione».

FINE DI UN’ERA – Impossibile non parlare dell’ultima partita a San Siro: «La mia ultima partita a San Siro è stata un momento molto emozionante, vedere San Siro pieno di tifosi venuti per la mia ultima partita è stato molto emozionante. Stare insieme ai compagni, a tutte le persone che mi hanno aiutato ad essere quello che sono stato per me ha un grandissimo valore. Quella notte è stata la fine di una carriera piena di emozioni e mi tengo tutti i momenti, anche quelli più difficili che mi hanno aiutato tantissimo a vincere tutto quello che ho vinto. In questa partita qui mi sono venuti in mente tutti i chilometri fatti, tutte le partite, i momenti e le persone. Fosse stato per me avrei abbracciato uno per uno i miei tifosi perché ogni volta che mi fermano mi dimostrano questo affetto. La cosa più bella è che mi riconoscano per quello che ho dato. Non piangevo? Il pianto era dentro perché volevo non fosse una cosa triste, ho pianto prima e dopo però quel momento lì me lo volevo godere così, sorridente e guardando San Siro pieno. Momento più bello e brutto? Uno brutto il 5 maggio perché è stato difficile, triste, durissimo. Dopo tutto un campionato in testa perderlo all’ultima giornata, perché l’Olimpico era nerazzurro e il calcio ancora una volta ci ha dato le spalle. Uno bello la notte di Madrid perché tutti noi abbiamo coronato il sogno».

VITTORIE CHE PESANO – Per finire, Zanetti arriva ai giorni nostri e descrive cosa ha significato la vittoria in finale di Supercoppa con la Juventus: «Questa è una vittoria importante, contro un avversario che vogliamo sempre battere, una partita sofferta come sempre contro di loro. Pero qui c’è il lavoro di una squadra che lavora dietro, in silenzio. Ognuno cercar di dare il suo contributo per far sì che la squadra in campo renda al meglio. Mi auguro che sia sempre così, questa unione di intensi per far sì che l’Inter possa avere note positive. La mia vita senza gli scarpini? È diversa, però sempre una vita che mi piace perché sono sempre legato all’Inter, perché lo faccio con grandissima passione, non ci sono interessi personali. L’unica cosa che conta è il lavoro di squadra per far rendere al meglio i ragazzi e l’allenatore. Chi sono? Uno che che ha realizzato tanti sogni che aveva da bambino, una persona vera. Cerco sempre di trasmettere quello che sono».

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