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Sommer: «Per il successo serve una squadra unita. Sempre voluto…»

Yann Sommer si è aperto in un’intervista sulle origini della sua carriera e sulla sua vita privata rilascia ai canali di Inter TV. Di seguito il lungo racconto del portiere nerazzurro per la rubrica “New Brothers”.

LE ORIGINI – Yann Sommer, arrivato all’Inter nel corso di questa estate, si fa conosce così dai suoi nuovi tifosi nerazzurri: «Ho cominciato a giocare a calcio quando avevo quattro anni. E non ho mai praticato altri sport. Cosa avrei fatto nella vita se non fossi stato un calciatore? Domanda difficile, perché ho sempre voluto fare il calciatore. Ho sempre giocato in porta, sin dal primo allenamento, e volevo solo fare il portiere. La mia fonte d’ispirazione? Ci sono tanti portieri. Penso a Casillas, per esempio, o a Van der Sar. Mio papà e mio zio giocavano in porta, è una cosa di famiglia. Il mio primo regalo inerente al mondo del calcio sono stati i miei primi guanti, regalati dai miei genitori. Ogni calciatore vive momenti difficili nella propria carriera. Da molti anni ormai lavoro con un mental coach. Mi aiuta molto in alcune situazione ed è importante parlare con qualcuno quando le cose non vanno. Aiuta a sentirsi meglio».

Sommer, tra passione e determinazione

LA FAMIGLIA – Così Sommer continua a raccontarsi: «Il sostegno della famiglia è davvero importante. Sono di grande aiuto perché quando torno a casa è un mondo molto diverso per me. Metto da parte il calcio e divento Yann il papà, non più Yann il calciatore, e questo è importante. Le lezioni migliori si imparano tramite le esperienze. Ma le lezioni più importanti me le hanno date i miei genitori, infatti da piccoli si imparano le lezioni più utili. In questo momento la passione a cui dedico più tempo è l’essere papà. Ora ho meno tempo ma mi piace fare musica e anche cucinare. Qualsiasi cosa che non sia calcio insomma. Pregio? Cerco sempre di essere felice e tranquillo. Difetti? In certe situazioni penso troppo. La vita dello spogliatoio è molto importante: dev’esserci un buon ambiente e una buona intesa. Se si vuole avere successo bisogna essere una squadra unita. Cosa conta di più nel calcio fra il talento o la determinazione? Dico la seconda. Certo, serve un po’ di talento ma nella mia carriera ho incontrato tanti giocatori che magari avevano meno talento ma che ci hanno messo duro lavoro e molta passione, senza mai arrendersi. Loro hanno raggiunto i massimi livelli, quindi ci vuole molta determinazione».

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