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PAGELLONE – I voti all’Inter 2018-19: da Spalletti ad Ausilio! I top e flop

L’Inter è qualificata alla Champions League da quarta in classifica, per la seconda volta consecutiva al minuto 81 dell’ultima giornata. Il raggiungimento di questo (pur minimo) risultato sportivo, di pari passo con l’obiettivo aziendale, si riflette sui giudizi che la stagione 2018-2019 lascia in dote alla società nerazzurra: si conclude così il biennio, più che sufficiente in una fase transitoria, di Luciano Spalletti sulla panchina interista. Ecco tutti i top e i flop stagionali, con valutazioni estese oltre che all’area tecnica anche alle varie componenti societarie

IL PAGELLONE – Di seguito i voti (stilati, in riferimento ai calciatori, secondo parametri di valore, aspettative, centralità e responsabilità nel progetto tecnico).

PORTIERI

1 SAMIR HANDANOVIC – 7: parte male, con il gol subito su calcio di rigore non irresistibile da Domenico Berardi alla prima giornata contro il Sassuolo e la clamorosa uscita a vuoto su Andrea Belotti che apre al Torino le porte di un pareggio insperato dopo il 2-0 della prima frazione. Finisce al top, neutralizzando le conclusioni di Francesco Caputo, Diego Farias e Salih Ucan di fatto portando di peso l’Inter in Champions League all’ultima giornata e spedendo l’Empoli in Serie B. Nel mezzo, il repertorio completo dello sloveno costellato di grandi interventi e letture errate dei tempi d’uscita dall’area piccola: la fascia da capitano passata sul suo braccio a febbraio è la ciliegina sulla torta di un professionista silenzioso che ha il pregio della modestia quando le cose vanno bene e quello della presa di responsabilità quando le cose vanno male.

27 DANIELE PADELLI – SV: due stagioni nerazzurre e due presenze ufficiali, entrambe agli ottavi di Coppa Italia e contro formazioni di serie inferiore (Pordenone e Benevento). Se l’anno scorso meritava un 6 d’incoraggiamento per essersi fatto valere alla lotteria dei calci di rigore, quest’anno non rientra nella cerchia dei giudicabili;

46 TOMMASO BERNI – SV: quinta stagione all’Inter, nessun minuto disputato. Uomo spogliatoio, non sufficiente per essere valutato;

93 RAFFAELE DI GENNARO – SV: quarto portiere che fa solo numero mentre recupera da un lungo stop, utile solo a completare la Lista UEFA.

DIFENSORI

2 SIME VRSALJKO – 5 (girone d’andata): gioca troppo poco per un voto? Forse sì, ma le aspettative di Piero Ausilio che lo seguiva dai tempi del Sassuolo erano ben altre. Tormentato dai problemi fisici, arriva infortunato ed esce dalla lista Serie A infortunato: si conferma su una linea deludente che aveva caratterizzato la sua esperienza all’Atletico Madrid e cancella le buone prestazioni del Mondiale con la Croazia che avevano spinto i nerazzurri a investire oltre 6 milioni di euro per prelevarlo in prestito con diritto di riscatto. Da ricordare solo gli assist a Mauro Icardi e Keita Balde rispettivamente contro Spal ed Empoli;

6 STEFAN DE VRIJ – 7: il miglior acquisto del mercato estivo 2018 nerazzurro. Affare eccellente di Ausilio che lo blocca a parametro zero garantendo elevate commissioni all’agenzia dell’olandese, segna “solo” 2 reti per il semplice motivo che in squadra non c’è uno specialista di calci piazzati e compone con Milan Skriniar una coppia difensiva da far invidia ai top club europei. Aspettando Diego Godin;

13 ANDREA RANOCCHIA – 6: il veterano dello spogliatoio nerazzurro risponde presente quando chiamato in causa (poche volte), dimostra attaccamento e senso d’appartenenza incassando ancora una volta la fiducia della società come alternativa del pacchetto arretrato. Rinnovo di contratto sensato, anche considerando che in panchina sta per arrivare un tecnico che lo conosce dai tempi di Bari;

18 KWADWO ASAMOAH – 6,5: prestazioni spesso sufficienti e continue, non certo una cosa scontata se si considera che nelle ultime stagioni non era più abituato a disputare quasi tutte le partite. Resta la macchia dell’errore contro il PSV Eindhoven (parzialmente compensata dal miracoloso salvataggio sulla linea in Inter-Napoli), ma l’impressione è che in ogni caso la squadra non avesse la giusta mentalità per raggiungere gli ottavi di Champions. Ritroverà Antonio Conte, magari tornando a essere una valida alternativa e garantendo prestazioni ancora migliori;

21 CEDRIC SOARES – SV (girone di ritorno): si presenta segnando un calcio di rigore che si rivelerà inutile contro la Lazio in Coppa Italia e colleziona pochi gettoni, si rivela il tappabuchi dopo l’operazione di Sime Vrsaljko. Sta di fatto che nessuno dei due verrà riscattato;

23 JOAO MIRANDA – 6: rincalzo di lusso che avrebbe meritato di sollevare un trofeo per la convinzione con cui sposò il progetto Inter nel 2015 dopo i successi con l’Atletico di Diego Simeone. Con ogni probabilità saluterà Milano lasciando il posto al suo ex compagno di mille battaglie Godin;

29 DALBERT – 4,5: la seconda stagione in nerazzurro è forse peggio della prima. Utilizzato col contagocce da Luciano Spalletti che si spende in complimenti per le sue qualità in allenamento, inizia uscendo al 45′ contro il Sassuolo e finisce rischiando di far segnare l’Empoli ben più di una sola volta estromettendo l’Inter dalla Champions. L’investimento per prelevarlo a tutti i costi dal Nizza, con annessa trattativa di oltre due mesi, rimane tutt’oggi francamente incomprensibile;

33 DANILO D’AMBROSIO – 7: l’uomo decisivo che non ti aspetti. Se già l’anno scorso aveva dimostrato tempra e personalità segnando contro il Genoa e procurandosi il rigore decisivo contro il Milan allo scadere e riaccendendo l’Inter col gol dell’1-1 nello spareggio Champions contro la Lazio, quest’anno si supera decidendo Inter-Fiorentina, sbloccando Inter-Sampdoria e reagendo da campione all’ingiustizia dell’arbitro Rosario Abisso a Firenze. Come? Immolandosi sul tiro di Patrick Cutrone all’ultimo minuto del derby e toccando sulla traversa il pallone del 2-2 agli ultimi assalti dell’ultima giornata. Il simbolo del sacrificio che supera i limiti;

37 MILAN SKRINIAR – 7: non ruba gli occhi come nella prima stagione ma c’è sempre. Gli manca il gol (addirittura 4, senza contare le traverse, l’anno passato), ogni tanto non è perfetto nelle letture ma supera l’esame europeo e tutto sommato si conferma leader del nuovo corso nerazzurro che ripartirà da lui. Mezzo voto in più per la firma del rinnovo di contratto avvenuta dopo l’addio al suo procuratore Karol Csonto che voleva portarlo via da Milano.

CENTROCAMPISTI

5 ROBERTO GAGLIARDINI – 5,5: non conferma l’impatto forte con cui si era presentato da Bergamo a inizio 2017. Poca qualità in impostazione e troppi falli irruenti, emerge quando lasciato libero di andare a caccia di palloni con inserimenti in area: due doppiette al Genoa e il gol alla Spal lo fanno volare a quota 5 reti, biglietto da visita per Conte che dovrà decidere se puntare su di lui o lasciarlo ripartire da piazze con meno pressioni;

8 MATIAS VECINO – 6: spesso ci si chiede quali siano le sue doti, poi riappare con strappi improvvisi o guizzi in area che guarda caso decidono in positivo le sorti dell’Inter. Lazio un anno fa, Tottenham e Milan quest’anno i colpi che più si ricorderanno dell’uruguaiano: disputa nel derby di ritorno la sua miglior partita agendo di fatto da trequartista e mette il suo timbro calciando sul palo (dopo uno strappo a centrocampo, appunto) il pallone che Radja Nainggolan depositerà in rete spedendo i nerazzurri ancora in Champions League;

14 RADJA NAINGGOLAN – 6: le aspettative erano altre, sia dal punto di vista fisico che di costanza di rendimento. Si presenta decidendo la trasferta di Bologna, si fa notare per gli audio in cui esprime il desiderio di tornare a Roma sotto Natale e la multa con tanto di esclusione a pochi giorni dall’insediamento di Beppe Marotta, riappare per sbagliare il rigore decisivo in Coppa Italia e per lasciare il segno nel girone di ritorno realizzando comunque gol importanti come contro Sampdoria, Frosinone, Juventus e appunto Empoli. Non sarebbe sufficiente perché doveva essere l’uomo della svolta, ma di certo il gol del 2-1 ai toscani ha ripagato l’investimento fatto (come Vecino un anno fa, allo stesso minuto e allo stesso secondo dell’ultimo turno);

15 JOAO MARIO – 4,5: inconsistente, conclude la sua demenziale avventura all’Inter facendosi cacciare dall’allenamento pre Napoli da Spalletti. In precedenza, quando chiamato in causa non dà mai la sensazione di poter aiutare l’Inter. E infatti non lo fa;

20 BORJA VALERO – 5,5: se utilizzato con i giusti dosaggi nei minuti finali di partita dimostra di poter essere ancora un professore del centrocampo. Quando però salgono ritmi e minutaggio (come vice di Marcelo Brozovic), lo spagnolo non ce la fa: arrivato con Spalletti per riportare l’Inter in Champions, il suo ciclo nerazzurro è probabilmente finito;

77 MARCELO BROZOVIC – 6: era ed è rimasto l’uomo a cui ruota attorno il centrocampo nerazzurro. Necessita di compagni di livello superiore per commettere meno errori possibile, di sicuro però da lui è passata gran parte delle sorti stagionali dell’Inter. Il rigore sbagliato a Francoforte è pesante, ma la sensazione resta quella di un episodio comunque non decisivo per la stagione nerazzurra.

ATTACCANTI

9 MAURO ICARDI – 4,5: doveva essere l’anno della definitiva consacrazione, che sembra arrivare con i 4 gol in 6 partite di Champions League. Poi, però, sale in cattedra Wanda Nara che strafa nelle vesti di opinionista ed emergono i problemi di spogliatoio che caratterizzano le stagioni recenti dell’Inter: l’io davanti al noi che – al netto delle improvvide dichiarazioni della moglie-agente che attacca allenatore, compagni e società -, unito a comportamenti da privilegiato colpevolmente concessi negli anni passati, portano Marotta e Spalletti a decidere di togliergli la fascia da capitano. Si chiama fuori, interviene addirittura un avvocato, Massimo Moratti e forse anche la politica societaria atta a non svalutare un patrimonio tecnico ed economico. Ma è solo una pezza, l’Icardi di prima non è più tornato e il suo calcio di rigore sbagliato all’ultimo capitolo sembrava il degno finale di una stagione che più che un torneo calcistico è parsa una stucchevole telenovela;

10 LAUTARO MARTINEZ – 6: buon impatto al primo anno in Serie A per l’uomo mandato da Diego Milito, dimostra doti balistiche di ottimo livello e i presupposti per una seconda stagione da grande ci sono tutti. Entra nel cuore dei tifosi nel derby vinto contro il Milan: fa a sportellate, segna il calcio di rigore che aveva sbagliato in Coppa Italia e poi si infortuna. Toccherà a lui convincere Conte a renderlo un titolare fisso e non la terza scelta di un possibile 3-5-2;

11 KEITA BALDE – 5,5: non è il Keita del girone di ritorno con la Lazio nel 2017. Non incide quasi mai, tra minutaggio e un lungo infortunio. Fa però in tempo a segnare i due gol decisivi contro l’Empoli tra andata e ritorno, lasciando comunque il suo contributo in termini di punti alla causa nerazzurra. Chiude l’avventura interista (non sarà riscattato dal Monaco a 34 milioni) con un’ingenuità clamorosa che porta all’annullamento del 3-1 di Brozovic ai toscani, al conseguente cartellino rosso complice l’esultanza senza maglietta e al prolungamento dell’agonia per un minuto che poteva risultare fatale;

16 MATTEO POLITANO – 6: il più continuo del reparto offensivo interista. Dribbling e iniziative passano tutte da lui, che però deve imparare a gestirsi per non arrivare scarico a mezz’ora dal termine. Pochi gol, qualche assist, tanta buona volontà: il riscatto sembra cosa fatta e se impiegato da seconda punta di riserva potrà determinare più di quest’anno;

44 IVAN PERISIC – 5,5: giocatore troppo umorale, questo si sa. Però forse eccessivamente criticato, ricopre più ruoli ed è innegabilmente utile a ogni allenatore da un punto di vista tattico. Il suo malumore alla fine del mercato invernale e gli screzi con Mauro Icardi sono l’origine del crollo nerazzurro ed è anche giusto che le strade si dividano. Ma non sorprenda se il croato dovesse restare (non c’è due senza tre…) una volta che Conte gli avrà parlato e soprattutto in assenza di offerte concrete dalla sua amata Premier League;

87 ANTONIO CANDREVA – 4,5: la sua esperienza all’Inter può senz’altro ritenersi conclusa. Mai veramente utile a questa squadra in termini di gol e prestazioni, dal punto di vista ambientale non è il caso di insistere (vedasi fischi preventivi al suo ingresso contro il Chievo a San Siro). Basterà l’arrivo di Conte per renderlo una valida alternativa come esterno destro tutta fascia come ai tempi dell’Italia 2016?

ALLENATORE

LUCIANO SPALLETTI – 6: obiettivi centrati 100%. Resta la macchia delle coppe, soprattutto della Coppa Italia che, almeno quest’anno, poteva essere vinta. Era lecito aspettarsi un terzo posto o almeno una qualificazione Champions più serena, ma numeri alla mano il tecnico di Certaldo si dimostra perfetto per il piazzamento che l’Inter cercava disperatamente quando lo ha ingaggiato nel maggio del 2017: il suo biennio, che doveva essere di ricostruzione prima e crescita poi, si è arrestato a dicembre (in concomitanza con l’arrivo di Marotta, non un caso almeno inconsciamente). Resterà nella memoria degli interisti come l’allenatore che ha riportato l’Inter in Champions dopo anni lunghissimi di mediocrità e società assenti: grazie, Mister.

DIRETTORE SPORTIVO

PIERO AUSILIO – 6: Stefan de Vrij e Kwadwo Asamoah i veri colpi. Poi, costretto a pescare in prestito con diritto di riscatto, porta a casa un buon Politano in mezzo ai flop Vrsaljko e Keita. Il tasso tecnico della rosa non arriva alla sufficienza, come si evince dalla totale assenza di battitori di piazzati. Nainggolan, il colpo centrale della strategia voluto insieme al tecnico, solo alla fine ripaga l’attesa anche se resta l’amaro in bocca per la cessione di Nicolò Zaniolo. Il rinnovo di contratto sembra vicino e la programmazione per la nuova Inter di Marotta e Conte è avviata, starà a lui dimostrare che senza la tagliola del settlement agreement e l’obbligo plusvalenze è in grado di contribuire a costruire un’Inter da vertice in Italia e in Europa dopo anni di “tentativi disperati”.

AMMINISTRATORE DELEGATO SPORT

GIUSEPPE MAROTTA – 7 (in corsa): entra in tackle scivolato per portare all’Inter ciò che manca da sempre, la disciplina. Interviene con Nainggolan e poi con Icardi, lasciando sempre trasparire tranquillità e cognizione di causa: è un decisionista e come tale si assume dei rischi, il primo è ripagato perché l’Inter è in Champions League. Il secondo? Vincere con Antonio Conte. Solo il tempo dirà se avrà avuto ragione, di certo l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare. Qualcuno ha ancora dubbi per il passato juventino dell’AD nerazzurro? Se li tolga pensando che stiamo parlando del dirigente che ha contribuito a costruire la Sampdoria da Champions del 2010 che tolse lo Scudetto alla Roma regalando il Triplete agli uomini di José Mourinho.

PROPRIETÀ

SUNING – 6: seconda qualificazione Champions al terzo anno di gestione. Transizione FFP condotta sapientemente anche grazie alle sponsorizzazioni che aumentano ricavi e fatturato, ora serve la svolta nella parte sportiva. Una cosa è certa: se quella appena passata è stata la stagione dei problemi extra campo, quella che sta nascendo parte sotto due buone stelle come Beppe Marotta e Antonio Conte. La semina è fatta, ora bisogna iniziare a raccogliere e costruire un’Inter che possa davvero “andare a comandare” come vuole Steven Zhang.

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