Editoriali

Marotta e Paratici, anime gemelle nel mercato degli esuberi di Inter e Juventus

Inter e Juventus sono tornate a farsi battaglia sul mercato nell’ambito di calciatori di interesse comune, come comune è stata l’apprensione per i casi più spinosi. Entrambi, tuttavia, potrebbero aver trovato pepite d’oro mentre cercavano di buttavano fuori gli esuberi

TRATTATIVE COMUNI – Si è conclusa da qualche giorno una sessione di mercato che abbiamo ormai imparato a definire con termini consueti: lunga, estenuante, logorante e avvincente. Ogni finestra dei trasferimenti è, potenzialmente, innovativa ed epocale, ma questa ha tutte le carte in regola per esserlo più di altre. L’Inter è tornata a battagliare nei territori di caccia della Juventus, andando incontro a tutti i rischi e alle complicazioni del caso. L’affaire Romelu Lukaku, i mal di pancia di Paulo Dybala e la querelle Mauro Icardi erano tutti fascicoli appositamente impilati e in attesa di archiviazione sulle scrivanie di Giuseppe Marotta e Fabio Paratici. Sarebbe affascinante immaginarla come una scena western alla Sergio Leone o come uno stallo alla messicana di imprinting tarantiniano: i due dirigenti che per la prima volta occupano luoghi di interesse comune, lanciandosi sguardi di sfida ogniqualvolta le loro auto oscurate finivano per incrociarsi.

DESTINI INCROCIATI – Quanto le scelte di mercato della Juventus hanno influenzato quelle dell’Inter? Ed è possibile rovesciare i paradigmi del quesito precedente? Ad occhio e croce, sembrerebbe di sì, non fosse altro per le indiscrezioni trapelate man mano che le trattative finivano per emergere a galla. Tuttavia, risulterebbe molto difficile misurare l’intensità di questo disturbo strategico incrociato. Proprio perché nello sviluppo delle trattative sopracitate, ovviamente, non tutti i dettagli (in questo caso fondamentali) sono stati resi noti. Quel che è certo è che, in un modo o nell’altro, gli sguardi di Marotta e Paratici hanno finito per incrociarsi, mettendo per la prima volta a nudo parte del lavoro oscuro di quest’ultimo. In quest’ottica, entrambe le società hanno finito per impantanarsi nella gestione di esuberi più o meno dinamitardi mediaticamente. Negli scatoloni contenenti i vari Dybala, Icardi, Mario Mandzukic, Ivan Perisic, Emre Can e Radja Nainggolan era inevitabilmente scritto, a caratteri cubitali, “MANEGGIARE CON CURA”. E se per Marotta resta il rimpianto di non aver (momentaneamente) monetizzato a sufficienza dalle cessioni illustri, le grane Emre Can e Mandzukic sembrano aver aspettato il momento meno opportuno per turbare l’ambiente Juve.

USATO ASSICURATO – Nel marasma mediatico, scaturito da calciatori di tale impatto populistico, il mercato di Marotta e quello di Paratici potrebbero aver dato un nuovo retrogusto al significato classico di “esubero”. Non fosse altro perché i rispettivi tecnici, Antonio Conte e Maurizio Sarri, sono fra i migliori nell’esaltazione del singolo all’interno di un sistema ben collaudato, oscurandone i limiti tecnici individuali. Tutti e due hanno quasi sempre anteposto l’applicazione dei concetti tattici a qualunque altra cosa, nonostante entrambi siano stati costretti a piegarsi (in momenti diversi) agli umori tecnici di un fuoriclasse come Eden Hazard. Non deve sorprendere, in quest’ottica, la rivalutazione di calciatori di “seconda mano” come Antonio Candreva, Andrea Ranocchia, Sami Khedira o Blaise Matuidi, a cui l’etichetta tradizionale di “esubero” può essere riappiccicata in qualsiasi momento. Le storie sportive di Stephan Lichsteiner e Kwadwo Asamoah, come Victor Moses e lo stesso Candreva, devono far riflettere all’interno di un contesto in cui l’assioma “Tutti utili, nessuno indispensabile” potrebbe diventare un mantra strategico. Cosa ci lascia un tale percorso di gestione del mercato? Certamente, una sfumatura di un vecchio proverbio ironicamente trapattoniano sulla vendita della pelle dell’orso prima del suo definitivo trapasso, ma probabilmente anche una rinnovata e incoraggiante anteposizione delle esigenze di campo a quelle economiche. Nonostante il colore del denaro e quello del prato da gioco continuino, purtroppo, ad assomigliarsi ancora con preoccupanti prospettive.

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