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Inter, oggi sono 114 anni a testa alta. Ma la vittoria di Anfield non c’entra nulla

Inter costretta a festeggiare una vittoria che vale come una sconfitta nel giorno del suo compleanno. C’è qualcosa di più interista di questa beffarda combinazione? Da Milano a Liverpool, e poi di nuovo a Milano, la storia internazionale è stata scritta solo a metà dalla squadra di Inzaghi. Non per questo bisogna vedere il bicchiere mezzo vuoto, ma soprattutto proprio per questo adesso non bisogna accontentarsi di quello mezzo pieno

ANFIELD KO – La storia esiste solo se può essere scritta. E qualcuno potrà raccontarla agli altri negli anni avvenire. Quello che ha fatto l’Inter fin dal 9 marzo 1908, giorno della sua fondazione. E lo ha fatto anche a poche ore dal suo 114° compleanno, sfiorando l’impresa sportiva. Ad Anfield. Battere il Liverpool in casa propria, addirittura in inferiorità numerica per oltre mezz’ora, significa scrivere la storia. Una storia che può essere raccontata, con un filo di orgoglio misto ad amarezza. Se da una parte è vero che a scrivere la storia sono i vincenti, dall’altra parte è altrettanto vero che rimangono nella storia anche i perdenti. Basti pensare al Liverpool di Jurgen Klopp, che l’8 marzo 2022 perde una partita casalinga a distanza di un anno dall’ultima ma può comunque festeggiare il passaggio del turno. E il capitano Virgil van Dijk esce sconfitto dal suo stadio nei 90′ per la prima volta dopo oltre quattro anni. Era il 27 gennaio 2018 in FA Cup contro il West Bromwich Albion e il difensore olandese era appena arrivato a Liverpool. Solo l’Inter di Simone Inzaghi in Champions League è riuscita a rovinargli la striscia positiva. Cosa c’entra van Dijk con la storia dell’Inter? Torniamo indietro di qualche anno, perché da una cocente delusione si deve reagire per rinascere.

Gli ultimi cinque anni dell’Inter

COME VVD – È il 2016, quando la prima Inter del “traghettatore” Stefano Vecchi perde in casa del Southampton, che rimonta lo svantaggio iniziale. A pareggiare è proprio van Dijk, prima del decisivo autogol di Yuto Nagatomo che condanna l’Inter. Il passaggio da Frank de Boer a Stefano Pioli, prima di tornare ad interim a Vecchi in attesa dell’arrivo di Luciano Spalletti, è il punto più basso della recente storia nerazzurra. È il periodo del doppio KO contro l’Hapoel Be’er Sheva. L’Inter saluta l’Europa League a testa bassa ma lo fa anche il Southampton di van Dijk. Il dettaglio non è banale. La carriera dell’attuale capitano della Nazionale Olandese è un continuo crescendo, inutile riassumerla qui. Ma lo è anche il lustro nerazzurro successivo. L’Inter con Spalletti riconquista la qualificazione in Champions League, con Antonio Conte la vittoria dello Scudetto in Serie A e con Inzaghi quella della Supercoppa Italiana contro la Juventus. È storia. Dal punto più basso a quello più alto, che non è di certo una vittoria ad Anfield “festeggiata” nonostante l’eliminazione dall’Europa che conta. L’esempio da seguire è quello di van Dijk.

Un nuovo mattoncino su cui lavorare

STOP FUFFA – Quando si parla di calcio, si abusa troppo spesso di concetti vuoti e termini forzati. Il caso della “uscita a testa alta” è emblematico. Senza offesa per nessuno ma è fuffa mediatica di livello infimo. Far passare l’idea che l’Inter di Inzaghi sia uscita dalla Champions League perché il Liverpool di Klopp è più forte significa fare disinformazione su dati oggettivi. Il Liverpool di Klopp sarà anche più forte, nonché più completo ed esperto, ma il campo in 180′ più recupero ha detto altro. Ha detto che l’Inter di Inzaghi può sedere al tavolo dei grandi facendo la voce grossa… finché non arriva l’imprevisto. Ad Anfield l’imprevisto è stata l’espulsione di Alexis Sanchez, che ha congelato la mezz’ora finale. Ma l’Inter è fuori dalla Champions League per il blackout di 5′ a San Siro, dove sarebbe bastato “difendere” lo 0-1 anziché crollare regalando lo 0-2. Nel doppio confronto non c’è dubbio su chi avrebbe meritato di passare il turno, ma è giusto accettare la sconfitta aggregata. La maturità passa anche da questi passaggi, che non sono sempre a vuoto. L’Inter inzaghiana non è ancora matura a livello internazionale ma di sicuro ha posto le basi.

Inter sempre a testa alta in 114 anni


AUGURI FCIM – Di Liverpool-Inter si è già parlato troppo. Per fortuna tra qualche ora ci si ritufferà sul campionato, che è sempre stato prioritario. Oggi è inutile trovare il colpevole o i colpevoli per una vittoria storica che vale come la sconfitta beffarda per eccellenza. Così come è inutile rimarcare l’uscita a testa alta, che non cambia la storia di nessuno. Men che meno quella dell’Inter, che ha fondato sé stessa sul portamento a testa alta. A Liverpool conoscono e rispettano l’Inter di Helenio Herrera e Giacinto Facchetti del 1965, che riuscì nell’impresa di ribaltare i Reds nei 180′. Non quella di Roberto Mancini e Zlatan Ibrahimovic del 2008, che festeggiò il Centenario prima di salutare l’Europa (tutt’altro che “a testa alta”, ndr). Ripassare la storia è utile per provare a riscriverla, magari anche meglio. Oggi è il 9 marzo 2022. Inzaghi e la sua Inter possono tornare a concentrarsi sugli obiettivi stagionali tenendo la testa bassa sul campo di calcio per emulare chi ha scritto la storia nerazzurra in passato. Nello sport ad alti livelli non c’è testa alta che tenga senza trofei. Oggi sono 114 anni di (Grande) Inter. Auguri, FCIM.

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