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Rendersi ridicoli fino alla fine non è importante, è l’unica cosa che conta?

La linea sottile che separa i giornalisti dai tifosi non esiste più, in Italia. Ed è stata superata da alcuni professionisti, che hanno scelto di sposare una “battaglia” che non ha nulla a che vedere con l’amore per l’informazione né per lo sport. L’errore sarebbe dare ulteriore risalto e visibilità

BAR DELLO SPORT – Ciò che distingue i giornalisti dai tifosi non è l’approccio al lavoro. È il lavoro. I primi sono pagati – anche – per informare i secondi. I secondi pagano – anche – per essere informati dai primi. Un po’ la stessa differenza che c’è tra il barista e il cliente del bar. In un tradizionale bar dello sport, il primo viene pagato dal secondo per servirgli sul bancone – in genere – una birra ghiacciata. Il secondo paga il primo per bere quella birra ma soprattutto per vaneggiare del più e del meno. Lasciando da parte i numeri, che spesso servono solo a confondere, non saper distinguere il barista dal cliente del bar è grave. Lo stesso vale tra giornalisti e tifosi. E non perché un giornalista non possa fare il tifo per una squadra, proprio come farebbe un barista-tifoso (che a sua volta non può selezionare il suo cliente-tifoso…). Bensì perché la prestazione lavorativa offerta dal giornalista non può essere condizionata dal suo essere tifoso. I pensieri potrebbero anche essere uguali ma i contenuti è necessario siano diversi.

Disinformazione: quando il giornalista diventa tifoso (o viceversa?)

IL BEL PAESE – I pensieri del tifoso spesso non sono lucidi. E proprio per questo serve il filtro del giornalista per ripristinare il contenuto da veicolare. In pratica, distinguere il falso dal vero. L’illegale dal legale. I sogni dalla realtà. In un Paese normale non ci sarebbe bisogno di evidenziare una tale assurdità. Imbarazzante. Invece in Italia si fatica a capire chi lavora, parla e scrive da giornalista, chi da semplice tifoso. Non serve nemmeno citare argomenti e parole magiche da copertina né colori o squadre. Si è sempre in tempo per fare un passo indietro, evitando di perdere la già poca credibilità rimasta per fare da megafono al passatempo di alcuni tifosi, che non trovano il consenso nemmeno da parte della “propria” società. La categoria “sportiva” è nel momento più critico della sua storia, non serve aumentare la concorrenza fuori dal bar: rendersi ridicoli fino alla fine non è importante, è l’unica cosa che conta. I giornalisti tornino a fare i giornalisti, lasciando solo ai tifosi il compito (non retribuito…) di fare i tifosi.

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