Editoriali

Inter a casa, ma Serie A in trasferta. Quando la ripartenza non ha logica

Quando lo “stare a casa” serve per combattere il Coronavirus, gli appelli si sprecano. Ma se c’è di mezzo il calcio, vale tutto. Anche lo “stare in trasferta”. La Serie A sta progettando di ripartire in uno scenario che di “sportivo” non ha nulla, eppure vogliono farci credere che sia (“economicamente”) giusto e normale così. Per l’Inter è previsto un altro mese e mezzo di prevenzione in “casa”, poi Milano diventerà un (lontano) ricordo

CAMPIONATO AL VIA – La giornata si preannunciava produttiva e così è stato. La FIGC, attraverso un comunicato ufficiale (vedi articolo), ha ipotizzato la ripartenza dei campionati italiani di calcio. Neanche a dirlo, la priorità spetta alla Serie A, destinata a riprendere quanto prima. Il tempo di organizzarsi per allenamenti (entro tre settimane), pseudo-ritiro primaverile (entro altrettanto settimane) e controlli vari. Più la roba burocratica. Insomma, tra fine maggio e inizio giugno si potrebbe davvero tornare in campo! Certo, c’è ancora da definire il nuovo calendario, il nuovo regolamento e soprattutto il nuovo concetto di “spettacolo”, ma questi sono dettagli. La struttura che permette di avere una partita ogni due-tre giorni, forse addirittura con cinque cambi, il tutto a porte chiuse, promette veramente tanto in questo senso. Si deve ancora decidere chi immolare come cavia e come, ma anche in questo caso sembrano esserci pochi dubbi: o si inizia con il recupero di Inter-Sampdoria oppure si rischia di falsare nuovamente tutto. Tutti pronti?

SOTTO IL RUBICONE – Nonostante l’entusiasmo (di chi?) per queste ultime frettolose (già…) decisioni, il primo problema è già dietro l’angolo. La ripresa della Serie A con una partita casalinga dell’Inter è già di per sé poesia. Perché le parole del Presidente Gabriele Gravina (vedi dichiarazioni) fanno intendere – giustamente – che giocare a Milano sarà praticamente impossibile. Non solo San Siro, lo stesso avverrà negli altri stadi della Lombardia. E probabilmente in quelli di tutto il Nord Italia. Proprio per questo si è parlato di “Serie A sotto il Rubicone” per permettere al campionato di terminare esclusivamente nell’area Centro-Sud del Paese, tralasciando ovviamente altri eventuali problemi sul percorso. A partire da quelli logistici. Andiamo avanti per ipotesi. Inter-Sampdoria si gioca in uno stadio del Sud, ad esempio a Bari (Puglia) o Palermo (Sicilia). Cosa prevede l’iter? Ah già. L’Inter blinda il suo ritiro a Milano, la Sampdoria a Genova, entrambe viaggiano verso Sud dopo aver effettuato i test per monitorare il Covid-19 e si gioca. E poi?

SERIE A IN TRASFERTA – Dopo due-tre giorni tocca a Inter-Sassuolo (stesso stadio di Inter-Sampdoria?), ma anche a Roma-Sampdoria (a Roma) e Lecce-Milan (a Lecce). E alle altre sette partite in programma. Tempo due-tre giorni ed ecco Parma-Inter, poi ancora Inter-Brescia, Inter-Bologna, Hellas Verona-Inter, Inter-Torino e SPAL-Inter. Tutte partite da campo neutro, tutte partite ravvicinate che l’Inter non potrà affrontare a Milano. Ma allo stesso tempo, non potrà viaggiare da e per Milano tra una partita e l’altra, considerando sia il dispendio di energie causa di stress (già fuori dal range) sia la questione sanitaria del limitare gli spostamenti. Non c’è tempo materiale, inoltre. Il tutto fino a Roma-Inter, che potrà giocarsi in campo non neutro. A quel punto l’Inter si sposta nel Lazio (dalla Lombardia o dalla Puglia/Sicilia?), prima di continuare il suo percorso a tappe. Inter-Fiorentina, Genoa-Inter, Inter-Napoli e Atalanta-Inter (ultima giornata!). Un altro pacchetto da giocare altrove, non nelle città settentrionali. E quindi si ritorna nella città “amica” scelta in partenza come nuova sede alternativa in tempi di emergenza. Una Serie A in trasferta, in pratica.

UN CIRCO(LO VIZIOSO) – Lo stesso discorso va fatto ovviamente per tutte le squadre del Nord, mentre quelle del Centro-Sud paradossalmente potrebbero giocare sempre tra le mura amiche (senza tifosi, ovviamente). Lazio, Roma, Napoli e Lecce non hanno di certo bisogno di spostare la propria “sede” né viaggiare. Certo, fa già ridere Napoli-Lazio dell’ultima giornata: la Lazio fa lo sforzo di andare in Campania o si gioca online ognuno da casa sua? Perché la barzelletta della Serie A 2019/20 è questa. Stiamo a casa, state a casa, stanno a casa per combattere il Coronavirus. Poi il calcio deve ripartire e a casa non ci sta più nessuno. Anzi, non ci torna più nessuno. Non ci può tornare l’Inter – così come la Juventus e le altre squadre del Nord – per un mese e mezzo, dopo tre-quattro settimane di ritiro blindato ad Appiano Gentile (Como). Non ci possono tornare tutti i dipendenti a seguito della squadra, perché finché non si gioca l’ultima giornata il viavai continuo di persone “tamponate” è stimato in 48-72 ore. Senza dimenticare che poi si torna in campo (neutro?) per la UEFA – Champions ed Europa League – con lo stesso ritmo. Ne vale davvero la pena? In questo modo, forzato, sembra valere davvero tutto. Più credibile la proposta di giocare tutte le partite in Molise, magari tutte nello stesso giorno, finché l’erbetta regge. E poi lotta nel fango, per assegnare lo Scudetto 2019/20 ormai privo di senso. Il giusto finale di un circolo vizioso che non può piacere a nessuno. Perché l’Italia oggi vuole rimettere in moto il circo del calcio, non la sua economia. Senza spettacolo, senza tifosi. E soprattutto senza logica né regole.

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