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Perché i meriti di Inzaghi superano di gran lunga le sue colpe all’Inter

L’Inter di Inzaghi ha due settimane di tempo per provare a scrivere una pagina di storia a cui nessuno aveva pensato di poter assistere, almeno in questa stagione. Tra maggio e giugno potrebbe succedere qualsiasi cosa sull’altalena nerazzurrra. Vale la pena ricordare com’è iniziata e andata avanti questa annata prima di attribuire altre colpe e/o meriti a piacimento

STAGIONE STRANA – A maggio 2023 l’Inter può dirsi ancora in corsa per tutto. O meglio, per tutto quello che è stato considerato “raggiungibile” la scorsa estate e anche qualcosa in più. Gli obiettivi stagionali si sono sempre divisi tra ideali e reali. Idealmente l’Inter sperava di riuscire a lottare per vincere lo Scudetto della seconda stella. Realmente bastava garantirsi il quarto posto in Serie A senza grossi rischi. Il piazzamento in campionato è l’obiettivo minimo chiesto a Simone Inzaghi per poter continuare a giocare nell’Europa che conta. Piazzamento ancora a rischio ma dopo Inter-Lazio la classifica torna a sorridere alla squadra nerazzurra. Gli alti e bassi in campionato sono la principale colpa imputata a Inzaghi, che nel frattempo si è già garantito un trofeo in bacheca (Supercoppa Italiana) e un’altra finale da giocare (Coppa Italia). E non solo…

Mercato negativo, allenatore OK: le colpe di Inzaghi

BASE DISTRUTTA – Il lento e tortuoso cammino in Serie A dà vita a diverse critiche rivolte a Inzaghi. La gestione delle partite, la gestione delle sostituzioni, la gestione dello spogliatoio. Motivo per cui da mesi si parla di auto-gestione ad Appiano Gentile. Tante critiche, accumulate e finora rispedite al mittente solo con i fatti. L’Inter non solo va più avanti del previsto in Champions League ma è a un doppio Derby di Milano dalla Finale di Istanbul. La vera colpa di Inzaghi è non aver fatto capire ai (suoi) critici – esterni e interni – le difficoltà con cui portare avanti una stagione così complicata, su più fronti competitivi, senza una rosa adeguata. In estate l’Inter perde, tra gli altri, un titolare fisso (Ivan Perisic) senza rimpiazzarlo nemmeno numericamente e un semi-titolare (Alexis Sanchez) mandato via per puntare tutto su un singolo. L’Inter fonda tutta la sua stagione sul ritorno di Romelu Lukaku in prestito (troppo oneroso). E sulla speranza di convincere Milan Skriniar a rinnovare il contratto ormai scaduto a cifre (altrettanto oneroso). Invece il primo si assenta nella prima parte di stagione e il secondo sparisce del tutto nella seconda. Tutto ciò accettato solo velatamente in versione Yes Man dall’allenatore, che già dall’estate non le manda a dire. E di settimana in settimana si toglie qualche sassolino dalla scarpa, lanciando frecciatine che non sempre vengono recepite all’esterno ma sicuramente non vengono apprezzate all’interno. Inizia il concorso di colpa. L’Inter di Inzaghi, intanto, causa evoluzioni negative di calciomercato perde così almeno il 50% del suo potenziale stagionale.

La stagione atipica dell’Inter di Simone Inzaghi

PRESSIONE ECCESSIVA – Intanto cambiano capitani e portieri, leader e titolari, obiettivi e ricavi. Non si capisce più se Marcelo Brozovic sia un corpo estraneo al progetto o meno. Né cosa ne sarà degli “interisti” di lunga data, a partire da Samir Handanovic e dallo stesso centrocampista croato. Più di dieci calciatori in scadenza di contratto senza conoscere il proprio futuro. Almeno cinque titolari messi pubblicamente sul mercato alla ricerca del miglior offerente. Spesso anche con modalità piuttosto discutibili, ovvero le cosiddette “veline” che arrivano nel momento meno opportuno e nessuno si preoccupa di smentirle. Tutto finalizzato a complicare la situazione. Difficile lavorare così. Un’impresa provare a ricompattare un gruppo che sembra ormai destinato a salutarsi a fine stagione. Ogni giorno una “minaccia” nuova in via ipotetica: se non succede X, allora sarà Y e quindi Z. Attribuendo esclusivamente a Inzaghi ogni responsabilità di un eventuale fallimento sportivo annunciato. E non è un caso che a spiccare per qualità caratteriali e tecniche sia proprio l’inzaghiano Francesco Acerbi (vedi focus). E con lui anche il jolly Matteo Darmian, il gregario meno gregario della recente storia nerazzurra. Inzaghi adesso sa bene su chi poter fare affidamento e perché, ma non tutti lo capiscono e criticano. Ed è proprio questo il problema.

Obiettivi cambiati, allenatore no: i meriti di Inzaghi

FUTURO INCERTO – Dal primo passo falso stagionale Inzaghi vive con l’ombra (poco credibile) di Cristian Chivu traghettatore. L’Inter perde? Inzaghi rischia l’esonero. L’Inter non vince? Chivu pronto a subentrare. Inzaghi non perde ma va avanti? Comunque non basta, nella prossima stagione ci sarà un altro allenatore sulla panchina nerazzurra. E così via. Per una settimana “parlano” solo giornali e televisioni, poi dopo ’90 più recupero a rotazione parla chi ha più bisogno di dire la propria. Inzaghi ci mette sempre la faccia, gli altri no. Facile festeggiare le vittorie, più difficile spiegare le sconfitte. Funziona così. Inzaghi ha dato appuntamento a fine stagione per raccontare la sua “verità” su questa stagione. Gli interisti aspettano, l’Inter è costretta a farlo. Perché il lavoro di Inzaghi ha creato i presupposti per allungare il calendario dell’Inter e magari anche la data di scadenza di questa stagione. Nessuno all’Inter pensava di poter parlare di “sogno Champions” dopo otto mesi simili. La reazione di Inzaghi nonostante lo status di Dead Man Walking prende in contropiede tutti. Facile criticare un allenatore per undici KO in Serie A, più difficile farlo a un passo dalla storia in Champions League. Ed è esattamente questo il motivo per cui lo sfiduciato Inzaghi sta dimostrando di essere più forte degli scettici: l’Inter è ancora in corsa per tutti gli obiettivi reali (e onirici…) perché l’allenatore ha deciso di seguire un altro spartito, opposto rispetto a quello impostogli. Ed è il suo più grande merito.

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