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Materazzi: “Nel derby ci vogliono le palle. Tifo per Gattuso, ma non oggi”

In occasione del derby di questa sera tra Inter e Milan, la Gazzetta dello Sport ha intervistato uno che di derby ne ha vissuti tanti con la maglia nerazzurra, Marco Materazzi

Com’è la vigilia da tifoso?- “Era più semplice da giocatore. Entrare a San Siro è come avere di fronte una bella donna”.

L’Inter non ci arriva benissimo- “In campo si azzera tutto. La maglia nerazzurra è un’armatura. In queste situazioni un gruppo con le palle fa quadrato. Se non sei allineato i milanisti ti vengono a mangiare”.

Questo Milan fa paura?- “Ha un cagnaccio in panchina, ma nel senso buono. A parte i derby io tifo per Gattuso. Ha trasmesso ai suoi la passione per il calcio. Uno che riesce a inseguire un sogno come lui, merita. Ma magari non oggi”.

Quanto conta questo derby?- “Arrivare terzi o quarti è uguale, ma arriviamoci, però. La Champions passa da qui, perché l’Inter deve affrontare big e trasferte difficili. Non ci si può permettere di non entrare in quella bendetta coppa”.

La Coppa Italia che alzò nel 2011 resterà per un altro anno l’ultimo trofeo. Una maledizione?- “Se non altro portavo fortuna. Purtroppo sono dei cicli, sono passate diverse mani e proprietà, bisogna dare un po’ di tempo a questa nuova per studiare, agire. Ha ereditato un pezzo di qua e uno di là, adesso sta cercando di comporre il puzzle. Ha scelto uno dei migliori dirigenti in Italia, Marotta”.

Quindi non ha storto il naso per l’arrivo di un ex juventino…- “La sua storia parla chiaro. Ho provato a mettermi nei suoi panni al 94° di Fiorentina-Inter e ho sorriso. Non penso fosse abituato. Fa parte della storia dell’Inter: bisogna imparare a buttare giù”.

L’A.D. non è l’unica novità rispetto all’andata. I centravanti?- “Piatek all’esordio a San Siro negli ultimi 10 minuti è riuscito ad andare in profondità 4 volte contro Koulibaly: vuol dire che c’è. Lautaro mi piace quando anticipa l’avversario sul primo palo, segno tecnico che ha stoffa. Deve crescere in fretta: ora un altro centravanti non c’è”.

Eccoci: che idea si è fatto del caso Icardi?- “Non posso entrare nel merito perché non conosco le dinamiche. Sarei presuntuoso a dire la mia. Ma per il bene dell’Inter, per ciò che ha fatto Icardi per il club, al di là di tutto quello che c’è stato, dal libro in poi, mi piacerebbe che rientrasse, segnasse e portasse l’Inter dove merita. Poi a fine anno insieme o ognuno per la sua strada”.

Non è tardi per i tifosi?- “Io penso che non sia mai tardi, quando uno si chiarisce. Non bisogna portare rancore né vivere nel passato”.

E’ una partita che si è giocata molto sui social. Troppo?- “E’ il mondo di oggi. Sono arrivati quando ho smesso. Meglio: avrei avuto 20 milioni di follower, ma la metà ti insulta”.

Mogli e fidanzate c’erano già…- “Io la mia la lasciavo sempre a casa, anche oggi non le piace apparire. Ma capisco che Wanda fa il suo lavoro”.

Handa è un buon capitano?- “Parla poco, ma lo ascoltano. E la fascia è un pezzo di stoffa, quella vera te la là lo spogliatoio se sei un leader. E ci devi nascere. Poi c’è Ranocchia: ci tiene, sa spendere parole per i compagni ed è sempre sul pezzo, anche se ha mangiato tanta m…. Gli va dato merito, pur non essendo CR7”.

Di là c’è Donnarumma- “E’ tanto che non fa una cagata. Fa sempre bene, può permettersela. Speriamo”.

Romagnoli o Skriniar?- “Il milanista è il pià completo degli italiani, il mio preferito nel dopo Barzagli. Skriniar è già un top, mi pare migliorato a livello tattico: frontalmente è un fenomeno e ti mangia, l’anno scorso a volte soffriva con l’uomo alle spalle, ora meno: buon segno, ottimi maestri”.

Se decide una chiamata Var?- “Se è giusta, non c’è problema. Se è come Firenze, no. Se ripenso alla faccia di Abisso…a volte si può chiedere scusa”.

In estate servirà una nuova rifondazione?- “Il condottiero supremo, al di là del presidente ora è Marotta. E’ normale che scelga i suoi uomini la sua squadra”.

E’ pronto a un ruolo più attivo?- “Il mio numero è sempre quello. Il telefono sempre acceso, ne parlerei tranquillamente”.

La Gazzetta dello Sport- Valerio Clari

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