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Milito su Inter 2010: «Invito i critici ad avere meno pregiudizi! Mourinho…»

Milito ha rilasciato una lunga intervista nella quale ovviamente uno degli argomenti principali è stato il suo periodo all’Inter. Il Principe, intercettato da sport.jotdown.es, ha difeso il modo di giocare dell’Inter di Mourinho svelando anche come il tecnico volesse portarlo a Madrid. Di seguito le sue dichiarazioni 

ASCESA – Diego Milito parla della sua definitiva esplosione giunta a trent’anni all’Inter: «Forse il riconoscimento è arrivato tardi. Ho esordito in Prima Divisione a quasi 21 anni, sono arrivato all’Inter a trent’anni. Tutto sembra essere successo relativamente tardi, ma è stato perfetto così. Mi sento orgoglioso, ma sì, è vero che almeno in Argentina debuttano molto più giovani. C’è chi ha quindici o sedici anni e ha giocato tante partite. Se Lautaro Martinez mi somiglia? No, non mi assomiglia. Può avere similitudini ma ci sono molte varianti, molti contesti. Devi goderti ogni momento, ogni giocatore. È giusto così».

ARRIVO – Milito parla poi del suo arrivo all’Inter dal Genoa: «Già a gennaio si diceva che mi volessero, ma Preziosi non mi lasciava partire a metà anno. Era il 2009 e José Mourinho mi ha chiamato quando tutto era ufficiale. Mi ha accolto, mi ha parlato del club, mi ha detto cosa avrei trovato, cosa avrebbe voluto da me. Era molto gentile. Mi ha chiesto se volevo giocare con la maglia numero 22… Era molto affettuoso. Lo apprezzo per tutto quello che mi ha insegnato e trasmesso. Anche per la possibilità di poter raggiungere un grande club. Zanetti, Cambiasso e Samuel? Erano e sono amici. Ho un contatto permanente con loro. Quell’Inter viene dallo scudetto vinto con Mourinho, ma forse per loro era troppo poco perché con Roberto Mancini ne avevano già vinti tanti».

TRIONFO INASPETTATO – Il discorso si sposta poi sulla Champions League vinta: «Se eravamo consapevoli di non essere i favoriti? Sì, naturalmente. Eravamo un bel gruppo. Vi ricordo che abbiamo preso anche Sneijder, giocatore di grande qualità ed esperienza in Champions come lo stesso Samuel. Si sono uniti a un blocco che aveva appena vinto quattro campionati consecutivi. L’Inter voleva la Champions ed è vero che doveva fare un passo in più. Tutto è andato alla perfezione, tutti i pezzi si sono incastrati, i pianeti si sono allineati, ogni giocatore ha fatto quello che doveva fare. Il risultato è stata una storica tripletta. Il potere seduttivo di Mourinho? Enorme. Ti convince di ciò che vuole. Ha questa virtù. Entra nel profondo di te, gestisce molto bene i momenti difficili, è un vincente. Sa quando urlare e accarezzare. Mourinho, metaforicamente parlando, sa accarezzare molto bene. Un’altra cosa è quello che pensi dall’esterno. Dentro è vicino, piacevole, attento, unico».

Milito e l’indole poco offensiva dell’Inter: il Principe invita i critici a rivedere le loro posizioni

«Se mi fa rabbia sentire che l’Inter di Mourinho era tutta tattica e difesa? Incoraggio i critici a guardare le partite dell’Inter senza pregiudizi o luoghi comuni. Io la vedo al contrario, perché penso che abbiamo giocato con quattro o cinque giocatori offensivi: Eto’o, Pandev, Sneijder, Maicon e io. Il pregio dell’Inter, di Mou, è stato che i giocatori offensivi hanno fatto sacrifici in difesa. Per ottenere tutto ciò è stato necessario anteporre il noi al sé. Siamo stati di grande supporto. E insisto: abbiamo avuto un taglio molto più offensivo che difensivo».

Milito ne loda uno su tutti: «Eto’o è ed è stato un vero grande, ma soprattutto per tutto questo. Ancor più che per i suoi trenta gol e il triplete con Guardiola. È arrivato e si è messo a disposizione della squadra. Ha giocato sulla fascia sinistra e lo ha fatto senza problemi. È fantastico perché ci ha fatto vincere dei titoli. Il suo atteggiamento è sempre stato esemplare, non abbiamo mai avuto problemi di ego. Mourinho ci ha convinto che era necessario vincere. Vedere Eto’o uscire dalla zona dove era sempre decisivo, l’area, per mettersi a disposizione della squadra è stato qualcosa di emozionante, una delle cose più belle di quell’anno. Ha difeso, attaccato, segnato. Ricordo lo 0-1 allo Stamford Bridge. Era il Chelsea di Ancelotti, uno dei favoriti per la vittoria finale dopo il Barcellona. Quella è stata la prima volta che abbiamo davvero creduto di poter essere campioni. Eto’o è anche un esempio per i giovani, che se vedono una super star correre sulla fascia, con quel sacrificio, quell’umiltà… Qualcosa di magico. Balotelli? Era unico, un ragazzo dal carattere difficile. Con virtù e qualità incredibili, ma complicate».

Milito e il sogno Champions League: Barcellona ossessionato

«Cosa mi ha detto Mourinho dopo la partita al Camp Nou contro il Barcellona? Abbiamo preparato molto bene la partita e ci ha dato tranquillità. Voglio dire innanzitutto che quella sera lo stadio era molto concitato, molto nervoso, c’era un’atmosfera molto aggressiva. Mourinho era in panchina, Figo gli sedeva accanto, la finale sarebbe stata al Bernabéu. C’è stato quel dettaglio importante. Mourinho ci ha detto di seguire il sogno, perché la grande differenza che abbiamo avuto con il Barça è che la Champions League era un sogno per noi e un’ossessione per loro. Penso che sia stato davvero così. Erano ossessionati, anzi lo hanno ammesso molte volte. Nel nostro caso, quel sogno è stato costruito. È iniziato dopo aver vinto entrambe le partite contro il Chelsea negli ottavi ed è culminato al Bernabéu».

Milito chiude parlando delle emozioni vissute e della felicità di Massimo Moratti: «Difficile da spiegare a parole. Avevo trent’anni. Era come toccare il cielo con le mani. Il mio sogno, uno di questi, era anche quello di esordire in Champions League, ma giocare una partita, nemmeno vincerla. Ci tengo anche a sottolineare che una delle cose che mi ha reso più felice è stato vedere Moratti così felice. Suo padre la vinse già ai tempi di Helenio Herrera. So cosa ha combattuto per vincerla. Lui la voleva. Era nostro padre Moratti, un presidente straordinario, sempre presente».

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