Inzaghi sta creando un’Inter a sua immagine e somiglianza. Confermando i punti forti dello scorso campionato e inserendo sapientemente i nuovi acquisti, cresciuti notevolmente rispetto all’inizio della stagione.
COMPITO ARDUO – Simone Inzaghi ha ereditato una macchina quasi perfetta. Una squadra che aveva chiuso l’ultimo campionato con un vantaggio siderale rispetto alle inseguitrici e che si era laureata campione d’Italia con quattro giornate di anticipo. In estate gli sono stati però sottratti, per motivi diversi, tre elementi fondamentali nella cavalcata verso il diciannovesimo tricolore nerazzurro: Romelu Lukaku, Achraf Hakimi e Christian Eriksen. Calarsi in questa nuova realtà dopo tanti anni di Lazio non era semplice. Dover al contempo inserire i nuovi arrivi in un meccanismo perfetto, che rischiava così di incepparsi, rendeva il tutto ancor più complesso e delicato. Inzaghi sta dimostrando di essere all’altezza del compito, smentendo tutti quelli che dubitavano del suo impatto sul mondo Inter.
TRASFORMAZIONE – Edin Dzeko è stato il primo ad inserirsi nell’Inter. Giocatore tatticamente e tecnicamente sublime, con alle spalle tanta esperienza e con una profonda conoscenza del campionato di Serie A maturata alla Roma. Fin dalla prima amichevole, l’attaccante bosniaco è sembrato far parte del gruppo nerazzurro da anni. Con gli altri nuovi arrivi il discorso è stato più complicato. Federico Dimarco poteva pagare il salto da una realtà come quella del Verona a una piazza come Milano, ma la sapiente gestione di Inzaghi l’ha reso una pedina fondamentale in più ruoli, sia da titolare che a partita in corso. Il capolavoro del mister, fino a questo momento, è però la trasformazione di Hakan Calhanoglu (vedi dichiarazioni). Dopo un avvio di stagione in chiaroscuro, tra critiche e accuse di non avere la necessaria personalità per una responsabilità così grande, il centrocampista turco sta ora giocando su livelli mai visti prima. Non solo in fase offensiva e realizzativa, ma anche nel lavoro sporco, nel recupero palla e nella fase di non possesso. Inzaghi sembra essergli entrato in testa e i risultati sul campo iniziano ad essere tangibili.
STEP MANCANTE – Contro la Roma si è visto il miglior Denzel Dumfries all’Inter e non solo perché ha realizzato la terza rete dei nerazzurri (vedi approfondimento). L’esterno olandese sta crescendo tatticamente e sta acquistando consapevolezza anche a livello mentale. Inzaghi ha saputo aspettare, dosandolo e lavorando su di lui ad Appiano Gentile. Senza esporlo a situazioni che potevano minarne irrimediabilmente la fiducia nei propri mezzi. Ora il classe ’96 è chiamato a confermarsi e a dimostrare che le ultime prestazioni non sono state un fuoco di paglia, ma la strada intrapresa sembra essere quella giusta. Capitolo Joaquin Correa. L’argentino è, oltre a Dumfries, quello che al momento sta facendo più fatica a ingranare e a mostrare tutto il suo valore in nerazzurro. Gli infortuni ne hanno purtroppo rallentato la crescita e l’ultimo, quello patito contro la Roma (vedi articolo), è andato a interrompere una striscia di quattro partite consecutive da titolare, dimostrazione della stima che Inzaghi ha verso di lui. Smaltito il problema muscolare, Correa dovrà alzare il livello, come fatto da Calhanoglu. Inzaghi sa quali corde toccare, l’ha ampiamente dimostrato, servono però anche risposte da parte del giocatore.
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