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ESCLUSIVA IN − Facchetti: «L’Inter in tre aggettivi! Mio padre mi ricordava una partita. Oggi…»

Gianfelice Facchetti, attore, scrittore e regista – figlio della leggenda Giacinto – ha parlato in esclusiva ai microfoni di Inter-News in occasione del 115° compleanno del club nerazzurro. Tra “interismo”, ricordi e attualità, abbiamo ripercorso seppur brevemente questi gloriosi anni di storia interista. 

Facchetti, oggi l’Inter compie 115 anni. Cosa rappresenta per lei l’Inter? Se deve utilizzare tre aggettivi quali sarebbero?

L’Inter è la squadra del cuore, per forza di cose, ma era come per mio padre una seconda famiglia. Un luogo familiare, un luogo fisico. Se penso a San Siro o alla Pinetina, luogo dell’anima. È tante cose insieme, un luogo che appartiene alla mia identità per quello che rappresenta, l’idea che l’Inter ci porta dietro. È stato un contenitore, un serbatoio di tante emozioni da quando sono nato. Speriamo che lo possa restare da qui in avanti. Quanti aggettivi vuoi (ride, n.d.r.). È difficile blindarla in aggettivi troppo stretti. È tante cose, anche nei vari periodi della sua storia. Una storia appassionante. Una squadra che in tante pagine della sua storia si è distinta nel panorama calcistico per anticipare anche i tempi, l’ideale già stesso di Internazionale andava contro l’ideale di quel calcio in cui l’Inter nasceva. Una squadra controcorrente. Penso dunque che sia appassionante, nobile – nel senso più elevato del termine – e inclusiva.

Suo padre è stata una leggenda di questo club. Giacinto Facchetti è l’Inter. Il mito della grande Inter è tuttora indelebile. Qual è il ricordo più bello e nitido che suo padre le ha raccontato di quel periodo lì?

Mio padre calcisticamente ha avuto la fortuna di vivere quell’epopea. In quel momento lì, l’Inter è stata una carrellata incredibili di emozioni, successi. Noi oggi ci entusiasmiamo per un quarto posto, all’epoca c’era una percezione molto più alta di quello che fosse il concetto di vincitore. C’erano altre competizioni, la Coppa dei Campioni la giocava solo chi vinceva lo Scudetto, e l’Inter nel giro di pochi anni ne aveva vinto due di seguito. Aveva perso una finale col Celtic, una con l’Ajax di Cruyff, aveva vinto vari scudetti, ne aveva persi uno col Bologna, poi quello a Mantova. Insomma, è stata una parentesi di tanti momenti belli calcisticamente parlando. Mio padre, se ne devo scegliere uno, mi parlava tanto della rimonta col Liverpool del 1965. Il suo ricordo forse più caro perché è entrata nella storia e in quella rimonta incredibile lui contribuì col terzo gol.

Facchetti, chi è il giocatore che più di tutti ha amato nella storia dell’Inter?

Possiamo ritenerci tifosi fortunati perché abbiamo avuto per lunghi tratti della nostra storia presidenti che avevano molto chiaro quale fosse il dovere di un presidente dell’Inter, cioè vincere e nutrire una squadra di fantasia e talento che potesse entusiasmare il pathos del pubblico. Io ho da sempre giocato a calcio, quando ero giovane facevo il portiere; quindi, ho avuto una grande passione per la storia dei portieri nerazzurri: Bordon, Zenga, Pagliuca. Ma avevo una passione smodata per un giocatore che pochi ricordano a volte per quanto fosse fondamentale nell’Inter di Trapattoni che era Gianfranco Matteoli. Poi se vogliamo avvicinarci agli anni più recenti anche nell’Inter del 2010 c’era l’imbarazzo della scelta. Impossibile sceglierne uno solo.

L’interismo è una fede. Facchetti, Moratti, Mazzola, Bergomi, Zanetti. E dell’Inter di oggi c’è un giocatore che dimostra il vero essere interista?

È più difficile perché la turbolenza nel calcio post pandemia costringe a fare più transazioni. Quindi può capitare di perdere qualche giocatore, di non trovare l’accordo sul rinnovo. Non è soltanto che i giocatori non vogliono rimanere. Il calcio, oggi, è molto speculazione anche di intermediari, agenti. In questa Inter credo che ci siano giocatori che abbiano dimostrato di essere legati alla squadra. Il tempo dirà quando e come però ci devono essere le condizioni anche del club in questo gioco delle parti. Lautaro Martinez? Lui sta dimostrando dopo il Mondiale di avere una grande voglia di Inter, è tornato da leader. Nei fatti e nei gesti sembra che sia una delle figure. Ma penso che possa avere la stessa stabilità Bastoni, Barella nonché lo stesso Dimarco, ragazzo interista e cresciuto a casa nostra. È arrivata anche l’ora di guardare a casa nostra e puntare su chi è cresciuto con noi come anche Mulattieri o Fabbian.

Attualità: San Siro e prossimi impegni

San Siro è un’istituzione dell’Inter e di Milano. Che ne pensa della situazione in atto e della possibilità dell’Inter di lasciare addirittura Milano?

Faccio fatica a capire quali siano le reali intenzioni. La mia visione ideale è quella di vedere l’Inter in un San Siro ristrutturato e se qualcuno vorrà andare altrove mi augurerò che non sia l’Inter. Servono risorse che oggi l’Inter non ha, questo è assodato.

Facchetti, si è fatto un’idea di questo rendimento altalenante dell’Inter. C’è un motivo?

Un motivo ci sarà, non può accadere sistematicamente per caso di passare da una prestazione ottima ad una meno. Può essere un calo di tensione che non è giustificabile per una squadra come l’Inter che ha ancora una buona fetta di stagione per raccogliere traguardi prestigiosi. Il campionato, insomma, mi sembra già andato perché il Napoli è in pieno controllo e non mi aspetto un crollo verticale. Il dovere è quello di conquistare subito la Champions League perché le rivali sono agguerrite. C’è il Milan, la Lazio, la Roma, la stessa Juventus. Se la penalizzazione dovesse essere annullata sarebbe un’altra pretendente in più. La partita per entrare in Champions League è apertissima. Bisogna sudarsela sul campo.

Col Porto la partita più importante di questo 2023. Che percentuali dà all’Inter?

All’Inter do il 70% perché parte col vantaggio di un gol. Riparte dopo una buona prova all’andata però sappiamo che il Porto è una squadra che ha la capacità di difendere e recuperare lo svantaggio. Vantaggio nostro minimo, lo abbiamo visto anche all’andata. Abbiamo rischiato anche di prendere più di un gol. Bisogna fare la gara perfetta senza sbavature. Però c’è un vantaggio tattico importante. Il Porto è una squadra per come gioca e imposta è più abituata ad aspettare, che gioca con furbizia e a perdere del tempo per poi cercare di sorprenderti quando ti scopri. Adesso toccherà a loro fare la partita e cercare di attaccare e segnare. L’Inter con una partita accorta e difensiva potrebbe fare il gioco alla rovescia e quindi riuscire a sorprendere i portoghesi in ripartenza.

Si ringrazia Gianfelice Facchetti per la cordialità e la disponibilità mostrata nell’intervista. La riproduzione parziale di questa intervista esclusiva è possibile previa citazione dell’autore (Sandro Caramazza) e della fonte (Inter-News.it) con il link al contenuto originale, come indicato nel disclaimer qui sotto.

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