Marotta ha rilasciato una lunga e interessante intervista ai microfoni di Wolf, podcast condotto da Fedez. L’amministratore delegato dell’Inter, dopo aver ringraziato Zhang, ha parlato dei progetti sul nuovo stadio nell’area di Rozzano ma anche del fenomeno Curve e della leadership all’interno di uno spogliatoio
NECESSITÀ – Giuseppe Marotta non nasconde il grande sogno dell’Inter di realizzare il suo stadio di proprietà, parlando ovviamente anche dell’idea Rozzano: «Rozzano per il nuovo stadio? C’è l’idea. Se vale la pena fare due stadi? La risposta è una piccola bugia bianca. Il discorso dello stadio è una cosa particolare perché è un po’ come una casa e fa parte dei valori morali però poi ci sono altri vantaggi come il fatto che lo stadio ti garantisce, se fatto bene con un modello adeguato, la possibilità di fare introiti. Quindi, con il passare del tempo, certi stadi diventano vecchi. San Siro va rispettato come icona, rappresenta la storia però bisogna essere anche cinici a volte. Fossimo stati proprietari noi potevi superare quelle problematiche burocratiche che esistono solo in Italia perché lo stadio è disciplinato da una legge che ti mette a confronto con diverse realtà. All’estero lo stadio è un fenomeno ci carattere nazionale, rispondi solo al governo. Quindi con San Siro sono subentrate queste difficoltà e non essendoci certezza del domani le due società (l’altra è il Milan, ndr) hanno aperto altre strade. Fare uno stadio unico? Nelle varie ipotesi ci sarebbe anche questa, ma sarebbe un fatto unico. Lo stadio un’esigenza che c’è e speriamo si possa risolvere».
FENOMENO PASSIONALE – Marotta prosegue parlando del fenomeno delle Curve: «Sono un fenomeno passionale che rappresenta una parte di tifo positivo. Si verificano a volte situazioni di violenza che succedono anche nella vita quotidiana, anche se devo dire che gli atti di violenza all’interno dello stadio sono diminuiti rispetto agli anni ’70. Le Curve rappresentano una grande fonte di passione che deve essere gestita bene».
LEADERSHIP – Marotta sottolinea poi l’importanza di valori e leadership all’interno di uno spogliatoio: «Cosa differenzia una squadra col cuore da quella che ha solo denaro? Lo si capisce dalla mancanza di leadership, che all’interno ci deve essere, e di valori come senso di appartenenza, cultura del lavoro, grande umiltà. Cioè non essere presuntuosi e il saper condividere vittorie e sconfitte. Solo così si diventa un blocco unico. Quando invece c’è anarchia nello spogliatoio, anche se hai una squadra forte, si disperdono i valori. Il leader solitamente è l’allenatore, ma dipende anche dalla personalità dei giocatori. Per esempio io ho avuto due leader: uno è Buffon, che era un leader parlante e l’altro Pirlo che era un leader silenzioso».
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