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Inter, Ranocchia verso l’addio? Conte vuol tagliare nettamente col passato

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Andrea Ranocchia è vicino all’addio. La scelta di liberarsi di lui racchiude un significato simbolico estremamente preciso: Antonio Conte vuole rompere col passato e rivoluzionare la rosa partendo dalle viscere

INCUBO – Nell’immaginario collettivo, la crescita di Andrea Ranocchia si è arrestata bruscamente il 5 aprile 2011. Era un martedì e l’Inter, dopo aver ribaltato al cardiopalma il Bayern Monaco negli ottavi di Champions League, cade sotto i colpi dello Schalke 04 targato Ralf Rangnick. Ranocchia condisce il 2-5 finale con una goffa autorete, poi resta pancia a terra per completare il quadretto tragico. Da quel momento in poi per i tifosi dell’Inter diventerà una specie di bersaglio, quando non un capro espiatorio. La credibilità di Ranocchia, come giovane prospetto, si arena in quell’azione. Le stagioni successive registrano un’aria sempre più pesante attorno al classe ’88. La società cerca di legittimare il proprio investimento, poi non vede l’ora di liberarsi di lui. Un paio di prestiti alla Sampdoria e all’Hull City prima del ritorno a casa. L’abito da uomo spogliatoio serve solo a fargli guadagnare un cono d’ombra d’indifferenza.

ADDIO – L’Inter spese tredici milioni di euro per strapparlo al Genoa nel gennaio 2011. L’ingaggio di Ranocchia, al momento, pesa sul bilancio dell’Inter per quattro milioni e seicentomila euro annuali (quasi la metà considerando l’importo netto). Questo è uno dei motivi per cui la società sta cercando di venderlo, col Genoa in pole, ad una stagione sola dal termine naturale del vincolo. Ma non è la sola ragione. Antonio Conte, infatti, ha lasciato intendere di voler operare un profondo restyling delle viscere di questa rosa, partendo proprio dalle retrovie. Gli addii di Tommaso Berni e Borja Valero fanno da manifesto programmatico. Ranocchia, nell’immaginario collettivo, è ancora il simbolo di un’Inter che non ce l’ha fatta, che ha fallito nel ricambio generazionale adagiandosi sulle sue stesse lacrime. È tempo di cambiare rotta.

Pubblicato da
Daniele Berardi

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