Editoriali

Mourinho, grazie per le belle parole. Ma l’Inter ora deve guardare avanti

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Mourinho all’Inter, un’altra volta insieme? Le frasi del tecnico portoghese non sembrano andare in questa direzione, a meno che la proprietà Suning decida di saltare uno step nel progetto tecnico, passando da Spalletti al Mourinho bis attraverso investimenti tali da mettere la Juventus sul secondo gradino del podio tricolore

MOURINHO DIXIT – Le dichiarazioni odierne di José Mourinho (vedi articolo) non fanno che buttare benzina sul fuoco in un ambiente come quello interista tutt’altro che ignifugo. Stavolta la società nerazzurra non c’entra nulla, per fortuna. Il focus è dedicato ai tifosi, sempre più divisi in fazioni: chi rivuole il grande ex allenatore portoghese, chi tifa per la conferma di Luciano Spalletti, chi addirittura spera di “vendersi al nemico” di sempre Antonio Conte e via dicendo. Una situazione “poco simpatica”, per citare la persona che rese possibile il sogno poi realizzato da Mourinho sulla panchina dell’Inter nel maggio 2010. I ricordi rievocati da Mourinho sono fantastici, alcuni anche fin troppo ricamati rispetto alla realtà dei fatti, ma è giusto così quando la storia diventa leggenda e per alcuni entra anche nel mito. Mourinho rappresenta un’Inter che non esiste più, ma che non è detto non possa ri-esistere. E il messaggio inviato indirettamente alla proprietà Suning è esattamente quello di cui ha bisogno l’Inter per tornare grande: “Se volete vincere, sapete come e dove trovarmi”. Parafrasato. Come fu nel 2008 al termine del primo ciclo nerazzurro di Roberto Mancini, vincente a metà (solo in Italia), che costrinse Massimo Moratti a puntare tutto su Mourinho, obbligato a portare l’Inter sul tetto d’Europa prima del preannunciato addio.

STEP MANCANTE – Il problema dell’Inter odierna, però, è che manca lo step intermedio tra la squadra che non vince e la squadra che deve vincere: la squadra che può vincere. L’Inter di Spalletti, come quella di Hector Cuper, è una squadra che in poco meno di due anni è tornata a essere quantomeno tale dopo sette anni di macerie su macerie. L’Inter è una squadra, ma non una squadra vincente. E non lo sarà quest’anno, forse neanche il prossimo, dato che in Serie A il monopolio della Juventus è momentaneamente inattaccabile e per essere competitivi in Europa bisogna prima esserlo in Italia. Mourinho pretende – a ragione – una squadra che deve vincere, non può accontentarsi di provarci per poi eventualmente “festeggiare” un secondo posto davanti al Napoli, che rappresenta lo step cercato dall’Inter nel breve periodo dopo aver messo dietro la Roma e in un certo senso Lazio e Milan. Tra l’Inter che non vince (Cuper-Spalletti) e quella che deve vincere (Mourinho), c’è di mezzo l’Inter che può provare a vincere (Mancini): Mourinho non è disposto ad allenarla e va bene così. José, in sincerità: grazie per il biennio che fu, ma adesso per l’Inter è tempo di guardare avanti (con più umiltà e meno pazienza).

Pubblicato da
Andrea Turano

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