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Oggi avrebbe compiuto 78 anni: Giacinto Facchetti, uomo e leggenda

Il ricordo di Giacinto Facchetti, leggenda dell’Inter, scomparso nel 2006. Oggi avrebbe compiuto 78 anni. L’uomo, il calciatore e il simbolo resteranno per sempre nella memoria di questo club

RICORDI, SPERANZE E SUCCESSI – Il 1 novembre del 1970, Fabrizio De André lancia uno dei suoi album più iconici: “La buona novella”. Al suo interno, il cantautore ligure inserisce “Il sogno di Maria“, componimento molto profondo, che indaga il lato oscuro della fede in Dio e il cosiddetto inganno della croce. In un passaggio molto significativo del brano, De André scrive che “i vecchi quando accarezzano hanno il timore di far troppo forte“. Ogni tifoso dell’Inter sente le carezze di Giacinto Facchetti ancora sulla pelle. L’avrà sentita anche Javier Zanetti, poco prima o poco dopo lo scatto che abbiamo scelto in copertina per questo pezzo. De André scrive quel brano parlando di un sogno infranto, di una speranza a doppio taglio, e lo lancia nel 1970. Di lì a poco, l’Italia scoprirà il lato oscuro dei fasti del boom economico, ma proprio in quel periodo Facchetti è tutt’altro che un sogno fugace. Due anni prima, nel 1968, si è portato a casa il primo e unico campionato Europeo nella storia della Nazionale Italiana. Nel ’70, in Messico, andrà ad un passo dalla Coppa del Mondo, con l’Italia di Ferruccio Valcareggi fermata all’ultimo atto della kermesse da un Brasile semplicemente più forte.

L’UOMO, IL CALCIATORE, LA LEGGENDA – Oggi Giacinto Facchetti avrebbe compiuto 78 anni ed è ancora il simbolo di un calcio che, banalmente, non c’è più. Non c’è più nei modi, non c’è più negli interpreti e nemmeno nei piccoli gesti, come le carezze. Facchetti è il simbolo del miracolo economico, dell’Italia che culla i propri sogni e alla fine li realizza anche. Nasce a Treviglio, nel bergamasco, il 18 luglio 1942. Coltiva i propri sogni calcistici nella cattedrale del football pre-ventunesimo secolo: l’oratorio. È un luogo di speranze, che ha avviato parecchi campioni e forgiato una nuova etica della professione. Giacinto Facchetti, che porta un nome soave e altezzoso allo stesso tempo, ci ha lasciato il 4 settembre del 2006 a causa di un tumore al pancreas. In mezzo, tra gli inizi in oratorio e gli incarichi dirigenziali con l’Inter, c’è una carriera da grande. Da grandissimo, se consideriamo la sua interpretazione assolutamente futuristica del ruolo di terzino sinistro e il contesto tattico ed emotivo in cui ha portato frutto. Il rapporto magico con Helenio Herrera, nell’epopea della Grande Inter, ma anche quello meno idilliaco con Edmondo Fabbri in Nazionale: 474 presenze con la maglia nerazzurra, 94 con la “sua” Italia . Qualcuno ha scritto che Facchetti non avrebbe voluto diventare un simbolo, ma semplicemente un esempio. Lui, probabilmente, avrebbe voluto soltanto essere più uomo e meno calciatore. È diventato qualcosa di più: una leggenda. E continua a regalare carezze, anche da lassù.

 

 

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