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Mourinho: “Inter una famiglia, Dio aveva deciso che dovevamo vincere”

José Mourinho, allenatore dell’Inter del Triplete, è stato l’ospite d’onore oggi per “Casa Sky Sport” nel decimo anniversario di quella meravigliosa impresa indimenticabile per tutti gli interisti

RICORDO INDIMENTICABILE – Mourinho parla del ricordo indimenticabile che è il Triplete: «Grazie a voi e grazie ai miei giocatori, senza loro non sarei qui insieme a voi. Ci sono dei momenti indimenticabili della nostra vita ed è uno di questi. Il rapporto che ho con i giocatori, con Moratti, con tutti quelli che hanno lavorato lì è un rapporto di ogni giorno. Penso che questo sia qualcosa di più importante. Ovviamente il Triplete, la Champions, era il sogno di tutti gli interisti e di questi giocatori. Anche il mio e di chi l’aveva già vinta. Quello che rimarrà per sempre è il rapporto tra di noi, questa è una cosa davvero speciale».

IL CAPOLAVORO – Mourinho parla di come ritenga il Triplete il suo capolavoro: «Io penso che ovviamente i risultati fanno la storia. Si può fare un lavoro fantastico, ma i risultati sono la storia, senza risultato non c’è storia. Io mi sento speciale con questa squadra perché penso che quello che abbiamo fatto va più lontano delle coppe e delle medaglie e della storia che abbiamo fatto. La cosa che mi fa sentire veramente speciale è essere uno dei capi di questa squadra. Siamo una famiglia dieci anni dopo, amici per sempre, questo mi marca nella mia carriera. Ho avuto la fortuna di avere risultati con altre squadre, però questo sentimento di famiglia e amici per sempre è una roba che mi fa sentire troppo orgoglioso».

UNA COPPA ANNUNCIATA – Mourinho parla della sensazione di invincibilità alla vigilia della finale di Madrid: «A Kiev eravamo fuori dalla Champions. Contro il Chelsea fu un turno difficilissimo, a Barcellona quando Thiago fu espulso praticamente tutti hanno pensato fossimo fuori. Quando siamo arrivati in finale la sensazione era che la Coppa fosse nostra. Anche io lo sentivo e ho cercato di passare ai giocatori il messaggio corretto di una partita da giocare, ma il sentimento di tutti era che Dio aveva deciso che era nostra. Quando ho parlato di questo sentimento di famiglia magari dovevo anche dire che senza questo sarebbe molto difficile fare una stagione storica come quella. L’Inter di Moratti aveva la qualità di far sentire la gente a casa, io e i giocatori non siamo nati interisti, ma quando sei nell’Inter di Moratti con quei principi morali un gruppo si sente speciale.».

UN GRUPPO FAMIGLIA – Mourinho parla delle difficoltà avute in quella serata storica: «Si parla solo di 22 maggio, ma abbiamo avuto delle grandi difficoltà, momenti di apprensione, assenze, ma abbiamo avuto sempre la forza di un gruppo di amici. Io mi sono sentito sempre l’allenatore e come allenatore hai delle responsabilità, ma ho avvertito sempre che ero uno di loro. Avevo più responsabilità, ma mi sono sempre sentito parte di un gruppo che era una famiglia».

IL RAPPORTO CON ZANETTI – Mourinho coglie l’occasione di un videomessaggio di Javier Zanetti per una battuta: «Anche a 40 anni e senza parrucchiere ha sempre i suoi capelli al top. La gente a Javier lo guarda e sente come un nostro capitano, ma io voglio dire che per me era il capitano dei capitani. Noi avevamo un gruppo di ragazzi ed è importante dire che qualcuno di loro non ha giocato tanto, ma loro erano assolutamente fondamentali in questa squadra nelle ambizioni della squadra. Javier, Cordoba, Marco (Materazzi ndr), Toldo, Orlandoni. Un gruppo di giocatori dal cuore veramente nerazzurro che erano la trasmissione di questi valori, di un sogno, di un ragazzo di 30 anni che erano all’adesso o mai. Poi c’era un gruppo di giocatori di 25-30 anni con grandi ambizioni e qualità. Penso che abbiamo cercato dei profili di giocatori dal punto di vista tattico per fare una squadra più forte con più opzioni e allo stesso tempo la ricerca di un determinato profilo».

GLI ACQUISTI DECISIVI – Mourinho racconta gli acquisti decisivi di quell’estate: «Milito e Motta arrivavano dal Genoa, facevano un passo avanti e arrivavano con l’ambizione di vincere come minimo lo scudetto. Lucio non è stato voluto da Van Gaal come Eto’o da Guardiola e Wesley dal Real Madrid. Devo dire grazie a Branca e Oriali perché hanno fatto un grandissimo lavoro, mi hanno aiutato tantissimo nelle scelte che potevano essere fondamentali per noi. L’uomo che guidava tutti al sogno era Moratti, non nascondeva mai il sogno che aveva ed è stato fondamentale».

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