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Mourinho: “A Barcellona non abbiamo lottato solo per noi, ma per tutti”

José Mourinho è stato l’ospite di “Casa Sky Sport” (QUI la prima parte) e QUI la seconda

IL RAPPORTO CON VAN GAAL – Mourinho parla del rapporto con Van Gaal sconfitto in finale a Madrid: «Sono rimasto a Barcellona quattro anni e lo devo a lui. Io volevo andare via ed è stato Van Gaal che mi ha chiesto di restare. Quando ho avuto un’offerta mi ha chiesto di restare di nuovo. Io ho avuto con lui solo sentimenti positivi e in quella finale dentro di me un pochino mi ha fatto male salutare un uomo che è stato importante nella mia carriera, mi ha fatto male la sua tristezza, ma è il calcio. E’ una partita che abbiamo vinto 3-2, non dico mai che abbiamo perso 1-0, ed era possibile solo con questa mentalità speciale. Senza qualità era impossibile, non si fanno tante cose che hanno fatto soprattutto nell’andata. Senza lavoro tattico e idea di gioco non si può resistere come noi. Non si vince la prima partita in casa facendo 3 gol al Barcellona senza un lavoro importante».

LA LOTTA A BARCELLONA – Mourinho ricorda la semifinale di Champions a Barcellona: «Prima di Barcellona mio figlio mi ha detto che è stato nella mia prima finale di Champions ma non se la ricordava. Lui voleva ricordarla, voleva questa finale. Prima della partita contro il Barcellona io ho detto ai miei giocatori di pensare ai loro figli, vincere la Champions a Madrid per loro. Siamo riusciti a entrare in campo col sentimento di non farlo solo per noi, ma anche per i nostri figli. Tu puoi parlare così ai tuoi giocatori solo se hai un sentimento di famiglia. Se parli di questi sentimenti profondi senza questo ambiente non ti credono. Noi avevamo il cuore aperto, siamo entrati in campo in quella semifinale con il sentimento del “sì o sì”, non esiste il “no”. Quando Thiago è stato espulso magari la gente in tv ha pensato che fosse fatta, ma noi no. Ed è quello che ho detto a Pep quando parlava con Ibra, al Barcellona sembrava stessero festeggiando. Io sono andato lì e ho detto “non è ancora finita”. Sapevo che i nostri giocatori avevano la capacità per lottare. E’ stata una partita dove ha vinto il gruppo. Per questo quando parlo della mia Inter parlo sempre di questo sentimento. Abbiamo fatto qualcosa di veramente speciale».

LA FAMIGLIA DELL’INTER – Mourinho torna sul concetto di famiglia che ha vissuto all’Inter: «Il mondo del calcio in tanti casi ti fa spendere più tempo con questa famiglia che con la tua vera famiglia e se non ti senti felice è difficile avere successo. Noi nell’Inter il giorno prima delle partite andavamo ad Appiano Gentile dicevo sempre che ci si allenava la mattina poi si tornava a casa e tornava ad Appiano per la cena. Tanti restavano lì, avevano un sentimento speciale. Anche mio figlio è entrato in quella dinamica di famiglia. Anche lui veniva, è stato lì che si è innamorato nel calcio, entrava ad Appiano e sentiva le emozioni. L’altro ieri sono stato al telefono con un ragazzo che era uno degli autisti dell’Inter, come è possibile che uno che ha allenato l’Inter dieci anni fa ancora parla con un autista? I miei amici dell’Inter vanno più lontano dei giocatori, dello staff, del signor Moratti, vanno dove non si può immaginare. Non sono tornato a Milano dopo la finale perché se torno poi non esco più».

QUALI ALLENATORI NELL’INTER? – Mourinho parla di quali giocatori dell’Inter potrebbero diventare allenatori facendo un nome in particolare: «Io penso che la cosa più importante sia volere o non volere. Quando fai una carriera come la loro, tanti hanno delle qualità, poi però decidono di vivere una vita diversa. Qualcuno vuole fare il direttore sportivo o il procuratore, non vuole più la pressione di ogni giorno. La prima questione è il “voglio o non voglio”. Tanti di loro vogliono. Cambiasso è uno che può facilmente essere un allenatore. Io faccio sempre un po’ il paragone perché tutti quelli che hanno giocato in quella posizione nelle mie squadre sono giocatori con una visione privilegiata del gioco, Cambiasso, Costinha, Matic. Cambiasso vuole fare l’allenatore, questa cosa è molto importante. Ha avuto già esperienze come allenatore in seconda, ha fatto i Mondiali con la Colombia, credo si stia preparando per fare una carriera importante».

LA GENTE RICORDA – Mourinho parla del grande affetto che c’è ancora nei suoi confronti: «E’ veramente un peccato che il signor Moratti non può fare quello che aveva in mente di stare tutti assieme a cena. Dieci anni è un numero bello e sarebbe bellissimo. La cosa più bella è che tutti i miei ragazzi stanno nella storia dell’Inter, del calcio, dei tifosi. La cosa più bella per me è quando vado per strada, non in Italia perché non ci vengo spesso, ma a Londra e c’è sempre qualcuno che mi fa una festa ed è sicuramente un interista e sempre con la stessa parola, “grazie”. La gente non dimentica».

IL PALLONE DI MADRID – Le immagini della finale di Madrid ritraggono Mourinho con in mano il pallone, il tecnico svela un aneddoto: «Quel pallone ha giocato. In un determinato momento è uscito dal campo, è entrato un altro pallone. Il pallone è stato cambiato e uno dei magazzinieri nostri gli ho detto subito che era mio. Lui è andato lì dal quarto uomo e all’intervallo me l’ha dato».

LA CORSA A MANCHESTER – Mourinho ricorda la sua mitica corsa a Manchester quando allenava il Porto: «Sarebbe un po’ ipocrita dire che pensavo a tutto quello che mi sarebbe successo. Una cosa è essere consapevole del tuo potenziale e avere autostima, un’altra cosa è sapere che lo farai. C’è un’altra corsa che qualcuno dimentica, con lo stesso stile, fu quella a Kiev quando Milito segnò alla mia destra e io andai verso Julio Cesar»

CHI VINCERA’ PRIMA LA CHAMPIONS? – Mourinho parla di chi vincerà prima di nuovo la Champions tra lui e l’Inter mostrando fiducia negli attuali progetti nerazzurri: «Difficile da dire. Vincere la Champions non è facile, però vediamo. Io sono in questo momento in una squadra che non l’ha mai vinta, non ha cultura della vittoria, dove prima di vincere in Europa magari si deve cercare di vincere in Inghilterra che ovviamente non è facile. Questa è ovviamente la mia ambizione, l’ambizione di un club crescente come il Tottenham. L’Inter devo dire che tanti anni, 10 anni, con una Coppa Italia è pochissimo. Io direi inaccettabile, da tifoso è duro, è difficile capire. Però il modo in cui sta lavorando e facendo investimenti importanti non sarebbe per me una sorpresa se l’Inter tornasse a vincere in Italia o in Europa».

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