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Marotta: «Superlega? Principio di buona fede. Cairo? Ricevuto minacce!»

Marotta, Amministratore Delegato nerazzurro, prima di Spezia-Inter, ai microfoni di “Sky Sport” ha parlato ovviamente del tema legato alla Superlega con una premessa, lo stop della competizione, la situazione finanziaria nel mondo dello sport e al termine dell’intervista ha anche commentato le parole di Urbano Cairo.

LA PREMESSAMarotta prima di Spezia-Inter, ai microfoni di Sky Sport ha parlato così: «Faccio una premessa: l’iniziativa è stata portata avanti dai dodici proprietari dai club. Alla luce della situazione attuale economica dei club dove i costi sono rimasti certi e i ricavi incerti. La valutazione di questi proprietari era che questo modello di calcio è un modello superato, quindi bisognava trovare una possibilità di valorizzare al meglio le proprie risorse. Questo è stato fatto, alla luce di un sistema calcio che è a rischio default. I singoli bilanci dell’intero scenario calcistico, la voce del costo è quello del lavoro, cioè gli stipendi, che si aggira intorno al 60-70% del fatturato, quindi togli le plusvalenze. Non c’è nessun azienda imprenditoriale che potrebbe andare avanti. Questo modello attuale non garantisce stabilità e futuro, quindi era anche doveroso andare alla ricerca di qualcosa che potesse cambiare questo modello».

STOP SUPERLEGA – Marotta spiega il motivo dello stop della competizione: «Stop della competizione? Perché sono stati sottovalutati gli aspetti importanti cioè la voce dei tifosi che rappresentano la voce di questo calcio. I sei club inglesi si sono giustamente defilati secondo le loro logiche. Dobbiamo trarre delle lezioni e delle positività. Se questo progetto è fallito evidentemente ci sarà un motivo».

PAROLE DI MALDINI – Marotta ha commentato anche le parole di Maldini nel pre-partita di Milan-Sassuolo: «Io coinvolto? Questa operazione è stata portata avanti dalle proprietà, la dirigenza dell’Inter non è arrivata direttamente anche se le informazioni ci arrivavano. Tutto si è consumato negli ultimi giorni. Nella logica di una struttura operatività aziendale è giusto che i compiti vengano anche divisi. Io e Antonello ci siamo concentrati in questo periodo nella gestione quotidiana del club. La mia opinione in merito? La buona fede di questa azione è nata dal fatto che i proprietari sono alla ricerca di introiti».

RISCHIO DEFAULT – Marotta parla del rischio finanziario di tutti i club: «Siamo davanti a una situazione paradossale come tutti i settori imprenditoriali. Se non intervengono le istituzioni dello sport e del calcio, e non parlo necessariamente del Governo, per creare un modello che dia continuità e stabilità, altrimenti non si riesce ad andare avanti. Negli ultimi sette anni Milan, Inter e Juventus hanno speso un miliardo di euro nell’acquisizione di giocatori. Oggi è impossibile sostenere questi costi, e questo ne va a discapito di un fenomeno della promozione dei giocatori e della competitività. Oggi si può ragionare in termini di ricavi caratteristici che sono molto contratti perché gli sponsor sono delle aziende e non posso investire. Questa azione ha avuto un principio di buona fede, ma nel massimo rispetto dei tifosi e della meritocrazia! Un club è un fenomeno sportivo e sociale e quindi con dei valori perché abbiamo dei giovani».

SU CAIRO – Marotta conclude commentando le parole di Urbano Cairo, presidente del Torino: «Innanzi tutto i fondi non c’entrano proprio niente perché in questo progetto sono intervenuti tre leghe. In secondo luogo, quando le decisioni sono state prese da diverse società. Il dissenso verso i fondi è nato anche da altre società, ma io non voglio entrare dentro questi temi. Fermo restando che il principio del dissenso è un atto democratico, quel che non concepisco è l’atto violento di Urbano Cairo fatto pubblicamente, non considerando anche le minacce che ho ricevuto, pubbliche e anonime. Puoi esprimere un tuo parere, ma inviti con molta calma, perché io non ho tradito nessuno. Non sono un giuda! Chi mi conosce sa che sono innamorato di questo sport e cercherò sempre di fare il bene del calcio. Mi dimetterò? Il Consiglio Federale è un’attività di semplice servizio e non è remunerato. Lo faccio per amore di questo sport e di queste società, ma nell’interesse dei club. Avremo una riunione e rimetterò il mandato, se la maggioranza non vorrà che io continui in questo organismo federale, farò un passo indietro».

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