Marotta: «Scudetto Inter piccolo record, orgogliosi. Futuro? Una promessa»
Marotta ha rilasciato un’intervista ad Alessandro Casarin, direttore del TGR di Rai 3, nel corso della trasmissione “Il Settimanale”. Dopo le anticipazioni di stamattina (vedi articolo) ecco tutte le dichiarazioni dell’Amministratore Delegato per l’area sportiva dell’Inter.
INIZIO CARRIERA – Giuseppe Marotta parla dei suoi inizi: «Il massimo impegno significa dare tutto di sé per raggiungere gli obiettivi. Sono nel mondo del calcio dal Varese, facevo la mascotte quando avevo sette-otto anni. Sono nato nel mondo del calcio, il mio primo incarico fu nel 1977 al settore giovanile. Col cambio di proprietà ho potuto crescere e diventare direttore sportivo, che raccoglieva tante cariche. Eugenio Fascetti, con una squadra di ragazzi, aveva creato quello che definiva il “casino organizzato”: ognuno poteva esprimere le sue qualità, con una base dietro».
LA SVOLTA – A Marotta vengono indicati tre momenti di svolta dal suo arrivo: l’esonero di Luciano Spalletti, l’addio di Mauro Icardi e la conferma di Antonio Conte. «Quando sono arrivato, chiaramente, dopo aver conosciuto l’ambiente ho dialogato con la proprietà su quello che poteva essere il progetto nuovo. Sia col direttore sportivo Piero Ausilio sia con la proprietà abbiamo deciso una nuova struttura. Come capita sempre nel mondo del calcio era giusto fare dei cambiamenti. Il grande artefice di questa cavalcata vincente è stato Conte, i giocatori che hanno seguito le sue indicazioni e poi la società che ha assecondato il tutto. Tutti insieme abbiamo gioito, inaspettatamente perché è arrivata anzitempo a quattro giornate dalla fine. Anche questo è un piccolo record, siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto».
QUALE FUTURO? – Marotta va oltre questa stagione, parlando dell’Europa: «Io credo che il club, per quanto riguarda non solo l’Inter ma tutte le squadre italiane, sia ancora evidente. La Premier League sta facendo dei grandi risultati, siamo ancora lontani dalle performances di inizio anni 2000, che vedevano le italiane nei primi posti. Dobbiamo lavorare, ma sicuramente oggi c’è un modello da rivedere. Come pagare gli stipendi? Certamente la pandemia ha tracciato un solco notevole, in un’attività imprenditoriale già difficile da sostenere. Oggi bisogna ridurre i costi, fra cui gli stipendi, e valorizzare al massimo le risorse. Una promessa per i tifosi? Intanto ringrazio tutte le persone che lavorano quasi all’oscuro e non sotto la luce dei riflettori. Possiamo garantire il massimo impegno di sé per ottenere i risultati migliori. Ma non sempre chi più spende più vince, c’è anche una componente umana e motivazionale che ha grande valore».