Marotta: “Calcio, situazione drammatica per gli stipendi! Quelli dell’Inter…”
Marotta – intervenuto come ospite a “Glocal 2020 – Il mondo dello sport deve riunirsi per uscire indenne dalla pandemia”, Festival del Giornalismo organizzato da “Varese News -, spiega la drammatica situazione in cui versa il calcio italiano dopo la crisi causa dal Coronavirus. E prende l’esempio dell’Inter per far capire cosa non può più funzionare. Di seguito il primo estratto del suo lungo intervento
RICAVI MANCATI – Il calcio italiano rischia di crollare e Beppe Marotta spiega perché: «Ci siamo imbattuti in questa pandemia, che un anno fa era quasi sconosciuta. L’impatto è stato violento. In primis per la salute, che ha causato paura e si è visto in campo. La prima polemica è riguardata Juventus-Inter, prima rinviata e poi giocata a porte chiuse. Quello è stato davvero qualcosa di unico. Nell’ambito della tutela della salute c’è stata inesperienza, a partire da quello medico. Troppa “ignoranza” che però tendeva a tenere in alto un movimento sociale importante come il calcio, che si è trovato davanti a un fenomeno straordinario in negativo. Il nostro obiettivo all’inizio è stato mettere in sicurezza giocatori e dipendenti con le loro famiglie, attraverso il protocollo, che pian piano è stato migliorato. E garantire sostenibilità al sistema calcio. Le difficoltà riguardano i ricavi mancati dal matchday e dagli sponsor, che hanno iniziato a ridurre gli investimenti pubblicitari».
ALLARME STIPENDI – Marotta centra subito il punto in cui intervenire: «Oggi l’unica soluzione è combattere il costo di lavoro, che è troppo alto. Noi come Inter non siamo riusciti a negoziare la riduzione degli stipendi dei nostri tesserati. Anche perché siamo l’unica società che ha finito di giocare il 20 agosto e andare a chiedere ai giocatori dopo gli straordinari fatti a luglio e agosto, anziché riposarsi in vacanza, Arrivando in finale di EL, non abbiamo pagato premi, ma non siamo riusciti a ridurre gli stipendi. Siamo davanti a una situazione drammatica dal punto di vista economico-finanziaria, soprattutto finanziaria. Il problema è legato agli stipendi, oggi. E non si possono chiedere finanziamenti allo Stato. Noi vorremmo fare un differimento delle tasse per poter essere considerati diversamente rispetto a oggi, perché muoviamo tantissimo a livello professionistico. Oggi non dobbiamo pensare ad aumentare i ricavi, basterebbe ridurre i costi. Altrimenti si fallisce. Il mecenate che ricapitalizza ogni volta non esiste più».