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Lukaku: “Lo schiaffo di Conte mi ha aiutato. Scudetto? C’è da lavorare”

Le parole di Romelu Lukaku, centravanti dell’Inter, a Sky Sports UK. Qui vi avevamo riportato la prima parte dell’intervista. Eccone un altro spezzone.

AMORE A PRIMA VISTA – Seconda parte della lunghissima intervista di Romelu Lukaku a Sky Sports UK. Il centravanti belga si è espresso così sul suo rapporto con Antonio Conte: «Non è una persona da far arrabbiare (ride, ndr). È uno che ti dice le cose in faccia, sia se stai facendo bene sia se stai facendo male. All’esordio con lo Slavia Praga in Champions League, ad esempio, stavamo giocando veramente male, e lui mi diede uno schiaffo di fronte a tutta la squadra. Non mi era mai successo, ma la partita successiva fu il derby di Milano: una delle mie migliori partite in Italia. Quello schiaffo mi ha aiutato molto. Non importa chi sei, se lavori e ti impegni giochi, altrimenti no».

BAGARRE – Sulla corsa scudetto con la Juventus: «Facendo un confronto con la Premier League, la Juventus sta correndo quasi come il Liverpool. Noi non possiamo commettere errori. Questa è la nostra situazione, dobbiamo provarci. Anche ora la squadra è forte, non dobbiamo pensare di aver già vinto. Conte ha vinto tanto da calciatore e sa cosa ci serve per vincere. Vedremo cosa succederà alla fine».

BOTTI DI MERCATO – Sull’arrivo di Christian Eriksen e di altri calciatori d’esperienza: «Credo che la presenza di calciatori esperti ci aiuti, per risolvere le partite quando sono bloccate. La sessione invernale del mercato serve anche a questo, soprattutto quando hai molte competizioni. Se abbiamo una rosa lunga, teniamo sempre alta la soglia di qualità. Come mi descriverei come persona? Sono come mi vedete. Sono un ragazzo socievole, tengo molto a mia madre e a mio fratello, oltre che a mio figlio. La mia famiglia è la mia motivazione più forte. Sto a casa tutto il giorno e amo molto i videogame (ovviamente di calcio). Mi piace divertirmi durante l’estate. Per me c’è una perfetta separazione tra il tempo per divertirsi e quello da dedicare alla famiglia».

PARTIRE DAL BASSO – Sulla condizione di povertà prima di diventare calciatore: «Ovviamente è una cosa che ti rimane in testa. A volte ci pensi, per esempio quando ho difficoltà nel mondo del calcio: ci penso, e me ne dimentico. Ora ho tutto ed è una benedizione, se lo compariamo a quello che ho vissuto, e che non avevo, quando ero piccolo. Condividevo le scarpe da calcio con mio padre. Una volta siamo tornati a casa e non avevamo pagato l’affitto per mesi: ci siamo dovuti trasferire, non c’era più arredamento. Non sono stato l’unico ad aver affrontato queste situazioni, ma questo mi motiva a fare del miomeglio. Il calcio è stato un dono per me, volevo diventare a tutti i costi un calciatore per dare ai miei figli una vita diversa dalla mia».

 

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