Inter, Conte, il catenaccio, e il bisogno di etichette nel mondo del calcio
L’Inter di Antonio Conte vince ma non convince. Il tecnico italiano viene definito catenacciaro, in un calcio che necessita di etichette.
MAI CONTENTI – Quello tra l’Inter, Antonio Conte e i media (e anche certi tifosi) è un rapporto all’insegna dell’insoddisfazione. Un percorso, per citare il tecnico, in cui godersi un risultato non è assolutamente concesso. Dopo anni di magra arrivano un secondo posto in campionato e la finale di Europa League? Poco importa, lo stile di gioco dell’Inter non è sufficientemente arioso. Conte spreca i primi due mesi della nuova stagione cercando una proiezione maggiormente offensiva? La rosa nerazzurra non ha sufficiente qualità (ma è pur sempre obbligata a vincere). Conte ripristina il suo amato 3-5-2, torna a macinare vittorie (otto consecutive) e vince sia contro Juventus che Lazio in un mese? I nerazzurri lasciano il pallino del gioco agli avversari, non controllano abbastanza il match. Un confronto francamente frustrante, soprattutto se si attende la pubblica approvazione.
CATENACCIO – L’ultima accusa in ordine temporale che viene mossa all’Inter di Conte è quella di coprirsi troppo. Anche ieri, contro la Lazio, si è vista una squadra col baricentro molto basso, in grado però di essere letale sulle ripartenze. Ma in quale misura questo può essere visto come un limite? Meglio adeguare una squadra alle sue caratteristiche intrinseche, o provare a violentarne l’identità tattica nella ricerca spasmodica di una qualità superiore? Domande che persistono da decenni nel mondo del calcio, ma che continueranno a non trovare risposte certe. E il segreto sta proprio nel non porsi tali dubbi, rinunciando asceticamente all’oggettività. L’Inter di Conte ha un’identità solida, che produce risultati esaltando le caratteristiche di ogni elemento. E l’unica etichetta che interessa al tecnico nerazzurro è quella della vittoria.