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Handanovic: “In Champions League rigiocherei una gara! Quel risultato…”

Intervistato ai microfoni de “Il Calciatore”, Samir Handanovic, portiere e capitano dell’Inter, ha così parlato nell’ultimo numero dell’house organ di Assocalciatori

Queste le parole di Samir Handanovic, portiere e capitano dell’Inter, partendo dagli inizi della sua carriera: «Anch’io da bambino, lì vicino a casa giocando con gli altri bambini del quartiere. Sempre poco lontano c’era e c’è tuttora un club, lo Slovan. credo siano adesso in Terza o Quarta divisione. allora erano conosciuti soprattutto per il Settore giovanile. Ho cominciato ad andarci che avevo 7-8 anni, a cominciare dai 10 se c’era bel tempo si andava anche in bicicletta assieme in 4-5, non era lontano, un paio di km. All’inizio non giocavo in porta, stavo fuori, lo stesso quando si giocava calcio a cinque e non facevo comunque solo calcio, anche basket e pallavolo. E’ stato più avanti, sugli 11-12 anni, che sono andato in porta ed è stata quella una scelta mia e l’ho fatta vedendo mio cugino Jasmin Handanovic, più grande di me di 6 anni, lui faceva il portiere, pure lui è venuto a giocare in Italia».

Handanovic sul sogno di fare il calciatore: «Sì, ce l’avevo anche io quel sogno che hanno tanti bambini, per dire anche io ero l’ a riempire l’album delle figurine e la mia più grande fortuna è stata comunque che i miei genitori mi hanno educato insegnandomi il valore dei sacrifici […] lavorare duro è l’unico mezzo che conosco per raggiungere un risultato o traguardo».

Handanovic sulla difficoltà di lasciare casa: «Io ci credevo nel calcio e quella chiamata per un provino con l’Udinese infine arrivò: mi avevano visto nell’Under 19 e 20 della Slovenia. Per quel che riguarda i miei a casa, in fondo non è nemmeno servito chiedere loro cosa pensassero, ero abbastanza grande per decidere e ho deciso: sono andato. Il calcio italiano lo seguivo e la mia fortuna è stata quella di andare lì a Udine: c’era tutto, giocatori forti staff e preparatori forti […] Specie i primi tempi, quando mi capitava di essere in una giornata un po’ storta e qualcosa mi mancava, facevo presto a tornare a casa».

Handanovic sulla consapevolezza di diventare un portiere top: «Non mi sono mai accontentato o sentito arrivato, nemmeno oggi. Nel calcio, in particolare in Italia, bastano poche partite per ribaltare qualsiasi giudizio, positivo o negativo che sia. Importante è stato l’anno al Rimini, è stata forse la Serie B più bella di sempre, c’erano pure Juventus, Genoa e Napoli. Facemmo bene, c’era un bel gruppo, mi facevano sentire a mio agio. E’ stato un campionato, quello, che mi ha fatto capire che la strada era quella giusta; Lazio e Treviso, poi, sono stati importanti per la mia crescita. C’è la fanno in pochi? Sono davvero tante le variabili che non si possono controllare, non parlo solo di calcio ma anche della vita. Allora io penso che di tuo qualche costante la devi mettere, a prescindere dal talento che puoi o non puoi avere: l’impegna, la serietà e la dedizione».

Handanovic sul fatto di essere un personaggio pubblico: «Se devo essere sincero, non mi sento completamente a mio agio, rinuncerei volentieri a certi aspetti della popolarità che mi impediscono di vivere certe cose normalmente e sicuramente in questa professione bisogna imparare velocemente a comportarsi e cosa evitare».

Handanovic sulle pagelle e sulla passione per altri sport: «Sì, sì, ne seguo anche altri. Le pagelle in genere non le guardo, anche se in determinate circostanze ho chi mi segnala ciò che merita di essere letto con attenzione».

Handanovic sul possibile condizionamento dei calciatori dovuto alle telecamere: «Lo troverei triste, se derivasse solo dal fatto di avere le telecamere puntate su di noi. Abbiamo il privilegio di essere professionisti in quello che prima di tutto è uno sport, un ambito con dei valori morali alti, ben chiari e trasversali in tutte le discipline. Dico pure che non possiamo non dimenticare la responsabilità di avere milioni di occhi a guardarci, soprattutto sapendo che molti di questi appartengono a dei bambini».

Handanovic sul divertimento legato a, risultato: «Sì, assolutamente. Il divertimento per me è quando giochi bene e vinci, ma va bene anche senza giocare bene. Vale in partita ma anche in allenamento perché è lì che costruisci tutto, forma mentalità, attitudine, affiatamento. La partità e il 20-30% del tempo che viviamo nel calcio, nella partita c’è solo il raccolto di una lunga semina. Cosa mi piace di meno? Non mi piacciono, per mia natura, l’esibizionismo e gli eccessi».

Handanovic sul razzismo: «Il razzismo nasce dall’ignoranza. E’ una battaglia da combattere prima di tutto a monte: noi siamo a valle e possiamo solo condannarlo, ma è una battaglia diversa. Per la violenza sugli spalti penso che basterebbe vedere come hanno risolto il problema in altre realtà: faccio molta fatica a trovare un senso quando vedo o leggo di certi episodi».

Handanovic sul discorso dei calciatori viziati: «Che sia una professione privilegiata è indiscutibile ma il resto sono per me delle banalità. Calciatori o meno, ognuno si comporta in base all’educazione che ha ricevuto: trovo che generalizzare sia stupido sempre, ed è normale che non si sia tutti uguali. C’è da dire poi che la gente vede quel che vuole vedere, volendo ce ne sono tantissimi di esempi positivi. Penso a quelli che ora sono ricordati come idoli: Maldini, Zanetti, Peruzzi. Si pensi a questo tipo di giocatori, come puoi far riferimento a ‘viziati’? Bastava l’esempio per mostrare quello che erano».

Handanovic su quando appenderà gli scarpini al chiodo: «E’ presto, per ora l’unico dopo a cui penso è la prossima partita».

Habdanovic sulle partite da ricordare: «Di partite che non dimentico ve ne dico due: lo spareggio con la Russia per il Mondiale 2010. La prima l’avevamo persa 2-1 lì da loro, in casa vincemmo 1-0 e ci qualificammo. Sembrava una sfida tra Davide e Golia, noi come Slovenia eravamo nettamente sfavoriti; delle due mi ricordo la seconda, giocammo a Maribor, quello stadio colmo di gente e di energia. La prima immagine che mi viene in mente? Il gol, quel cross da destro e Dedic che la mette dentro. Ricordo che me ne sono stato in area, ho festeggiato da solo e quella partita era ancora lunga… Una partita che vorrei rigiocare? A dire la verità tutte quelle perse, ma se devo indicarne qualcuno penso ad Arsenal-Udinese e poi a quella recente contro il Borussia Dortmund. Quella con l’Arsenal perché era la squadra era dimezzata dagli infortuni. Non eravamo al completo e perdemmo 1-0 e 2-1. Quella col Borussia per quel risultato finale che non era certo quello che volevamo. Di gol ne ho presi tanti, ognuno mi resta qua ma non voglio dirne uno in particolare perché ci voglio ripensare. Sono contento solo quando non subisco gol».

Handanovic sugli stadi più belli: «Sono quelli caldi, con la gente addosso: Marassi, Meazza, Celtic Park, lo stadio del Bvb. Tra quelli dove non sono mai stato, mi piacerebbe Liverpool, per quella tifoseria soprattutto a quella atmosfera a cui tutti fanno riferimento».

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