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Handanovic e la linea sottile tra essere l’eroe o l’errore dell’Inter (che vince)

Handanovic è arrivato solo a fine carriera alla svolta della sua avventura da numero 1 dell’Inter. Oggi da capitano ha un’occasione imperdibile che da portiere sembrava dovesse sfumare per sempre. Si tratta dell’ultima chiamata per un calciatore che non ha ancora messo la sua firma indelebile nella storia nerazzurra… vincente

AL TOP SENZA TROFEI – La carriera di Samir Handanovic parla da sé e nel 2021 non si può certo discutere un professionista che da quindici anni gioca con continuità in Italia. E da quattordici lo fa in Serie A da numero 1. Prima a Udine, poi a Milano. I record personali raggiunti in questi tre lustri dimostrano che il classe ’84 di Lubiana non è un portiere comune. Lo dimostrano le sue statistiche da pararigori e quelle sulle presenze, più che sui gol subiti (oggettivamente troppi). Un altro dato interessante è quello relativo ai clean sheet, ormai divenuti un marchio, perché “porta inviolata” è passata di moda. Ma le statistiche nel calcio non servono a niente quando c’è da analizzare una prestazione, che può evidenziare pregi e difetti dal punto di vista tecnico-tattico e non solo. C’è un parametro che, più di tutti, riassume il livello di uno sportivo: i trofei vinti in carriera. Si può essere primadonna e festeggiare premi singoli giocando in una squadra mediocre. Oppure essere un gregario e vincere trofei collettivi in una squadra forte. Oppure una combinazione delle due cose. Ecco, nel caso di Handanovic questo è un mistero che ancora oggi non trova risposta. Perché i trofei alzati oggi sono sempre zero e, in prossimità dei 37 anni, il tempo per realizzarsi in carriera stringe. L’Inter gli sta stretta oppure è fin troppo grande per un portiere del suo livello? La linea è sottile ma non cambia la storia già scritta. Quella ancora da scrivere sì.

DA PORTIERE A CAPITANO – Handanovic non è il miglior portiere della storia dell’Inter. Non è il miglior portiere della storia della Nazionale Slovena. E oggi non è il miglior portiere della Serie A. Però è il capitano insostituibile di una squadra finalmente prima in classifica con un distacco tale dalle inseguitrici da poter iniziare a fare qualche ragionamento extra-tecnico. Lo scudetto oggi non lo vinci se sei il più forte con i piedi ma se lo sei con la testa. L’Inter ha un vantaggio che non può dissipare e ha bisogno che i suoi leader in campo facciano ciò che Antonio Conte fa dalla panchina (o dalla tribuna, quando squalificato…). Ed ecco che torna utile il nome di Handanovic, che in questa stagione ha dimostrato di poter essere tutto e niente. Tutto, quando dal basso imposta la manovra con i piedi, con le mani respinge i palloni e con la voce guida i compagni nella gestione della partita. Un salto di qualità mentale che è arrivato solo nelle ultime settimane. Niente, quando è protagonista di scelte scellerate sia per quanto riguarda il posizionamento tra i pali sia per le dichiarazioni davanti alle telecamere. A un portiere più vicino ai 40 che ai 30 anni di certo non si chiede di essere perfetto nei riflessi ma ai microfoni sì. L’Inter oggi ha bisogno di un capitano che faccia da scudo immolandosi per la causa più che di un portiere che faccia il fenomeno, magari per rimediare a un errore. Perché gli errori non càpitano così, vengono causati da azioni sbagliate in precedenza.

MENO EROE, MENO ERRORI – Da troppo tempo mediaticamente vogliono venderci il racconto dell’Handanovic eroe, insabbiando qualsiasi errore faccia. La colpa dei fallimenti è sempre degli altri ma, quando c’è da rimarcare un merito, i complimenti non si risparmiano. Come succede a Cristiano Ronaldo, solo che il livello tra i due singoli è tristemente diverso. Non è un quarto posto con piazzamento in Champions League raggiunto all’ultimo secondo contro una squadra appena retrocessa in Serie B il riassunto di una carriera da numero 1 dell’Inter. Oggi bisogna fare da scudo anche ai complimenti gratuiti ricevuti dall’estero. Altro che eroe, forse l’unica cosa di cui ha bisogno l’Inter è l’Handanovic normale. Normale sì ma vincente. Quello che dopo una carriera di insuccessi alza un trofeo da capitano e può farlo da protagonista, finalmente. Non solo per le parate che fa (o non fa), ma soprattutto per non aver sprecato l’ultima chiamata della propria carriera nerazzurra. Perché nell’ultimo decennio di insuccessi interisti, Handanovic è protagonista tanto nel bene quanto nel male. Ma ora ha l’occasione per cancellare parzialmente tutte le delusioni, compresa quella di Colonia. Anche perché lo scudetto oggi può essere perso solo a causa di un blackout come nella finale di Europa League contro il Siviglia. Un blackout come quello avuto da Handanovic contro la Juventus a Milano in Coppa Italia e a Torino contro i granata in Serie A, nonostante il pareggio assolutamente irregolare (vedi articolo). L’immagine del portiere che si tuffa dentro la propria porta per provare a respingere l’ennesimo pallone che sarebbe già dovuto essere allontano dalla sua area piccola non dà giustizia a chi è primo in classifica perché vuole vincere lo scudetto. Conoscendo il calendario dell’Inter, che tornerà a Torino in casa Juventus alla penultima giornata, è da Handanovic che ci si aspetta lo step di crescita decisivo e definitivo. Più (da) capitano che (da) portiere.

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