Dumfries: «Dell’Inter ne parlavo già da anni! Hakimi? Non sento pressione»
Dumfries ha rilasciato la sua prima intervista a DAZN, dopo l’ufficialità del suo arrivo all’Inter. L’olandese, che ha debuttato sabato col Genoa, racconta cosa si aspetta dalla nuova esperienza in nerazzurro.
LA PRIMA – Denzel Dumfries spiega le emozioni all’ingresso in Inter-Genoa: «L’esordio è stato fantastico per me. Allo stadio c’era anche la mia famiglia, erano contenti e orgogliosi. Per me è stato un momento davvero speciale entrare in campo per la prima volta da nuovo giocatore dell’Inter. Un mio punto di riferimento è stato Maicon, un grande giocatore. Javier Zanetti mi ha scritto un messaggio quando sono arrivato, è stato un benvenuto caloroso. Gli chiedero come arrivare a giocare così tante partite all’Inter come ha fatto lui (ride, ndr). Achraf Hakimi ha fatto una stagione incredibile l’anno scorso, vincendo anche lo scudetto, ma non sento nessuna pressione. Devo giocare le mie partite e dare il massimo all’Inter».
AMICO PARTICOLARE – Dumfries rivela il perché del suo nome: «Corretto. I miei genitori mi hanno chiamato così per Denzel Washington. Mia mamma è nata ad Aruba, mio padre in Suriname. Sono stato molte volte ad Aruba, è un paradiso: le spiagge sono bellissime e la gente è cordiale, amo tornarci quanto più spesso possibile. Lo faccio sempre volentieri, avendo la famiglia lì. Stefan de Vrij ha avuto un ruolo fondamentale nel mio arrivo all’Inter, e conosceva già Simone Inzaghi alla Lazio. Avevamo già parlato dell’Inter due anni fa in nazionale, mi ha sempre detto che questo era un bel club e sperava che ci sarei arrivato: siamo entrambi felici adesso che io sia qui. Gli sono molto grato, è importante che sia qui e che mi aiuti con la traduzione. Fa anche da agente (ride, ndr)».
CONNAZIONALI – In chiusura, Dumfries elenca gli altri olandesi della storia dell’Inter: «De Vrij, ovviamente. Luc Castaignos, Wesley Sneijder, Faas Wilkes, Edgar Davids, Clarence Seedorf, Dennis Bergkamp, Aron Winter, Wim Jonk. Li ho detti tutti? No, ne ho lasciato uno: Andy van der Meyde, l’olandese più pazzo che ha giocato qui (ride, ndr). So già qualche parola di italiano: “un pochino”. Anche “uomo”, ossia che c’è un avversario alle spalle, oppure “scappa” e “scivola”».