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Chivu: «Inter, che emozione primo gol! Mourinho come Spielberg con me»

Chivu è il protagonista della seconda puntata di Careers Legend, format dell’Inter in onda su DAZN. L’ex difensore, ora allenatore della Primavera nerazzurra con la quale si è laureato Campione d’Italia, ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera dall’Ajax passando per la Roma e terminando ovviamente con i colori nerazzurri

OLANDA – Cristian Chivu ha mosso i suoi primi passi all’Ajax, club al quale deve molto: «Non era la prima volta che vivevo da solo, era la prima volta all’estero. Non era facile, me la cavavo con l’inglese ma non è stato facile. Però si avverava un sogno, avevo la possibilità di giocare in una grande squadra, di migliorarmi, quello che poi mi è servito per la mia carriera. All’Ajax ho vissuto momenti speciali: sono arrivato che ero un ragazzini e sono arrivato in Italia molto più maturo di quanto la mia età suggerisse. Capitano a 20 anni? Non è banale però ho avuto la fortuna di avere compagni e allenatori che hanno creduto in me. Per responsabilizzarmi mi hanno dato la fascia di capitano e gli altri hanno riconosciuto in me qualcosa che non riuscivo ancora a vedere. Quanta Olanda mi porto dietro? Da giocatore è facile perché sono migliorato sotto tanti punti di vista, l’Ajax è qualcosa di speciale che insegna molto a livello umano e professionale. Ora da allenatore qualcosa mi porto dietro, qualche principio che voglio trasmettere ai ragazzi. Alla fine si parla di calcio ovunque, le cose fondamentali sono sempre le stesse. Cambia il modo di interpretare, bisogna adattarsi al materiale con il quale lavori e al posto in cui ti trovi».

ROMA – Chivu parla poi della Roma e del suo legame con Francesco Totti: «Totti? Ho avuto la fortuna di trovare in lui un ragazzo perbene, un capitano, un leader però soprattutto dal punto di vista umano qualcosa di speciale per quello che rappresenta per la città e per la squadra a Roma. Non mi toccava litigare con lui per le punizioni perché dalla parte destra le battevo io: i patti erano chiari. Da Amsterdam a Roma? Cambia un po’ la cultura, mi avvicino un po’ di più a quello in cui ero abituato, vivere a Roma era un po’ come tornare a casa. Più o meno le stesse battute, il modo di vivere e interpretare le difficoltà della vita. Le solite battute, il romano come il rumeno ha sempre la battuta pronta. Mi sono trovato bene, poi ho fatto tante amicizie. Sono stati 4 anni meravigliosi, ho anche vinto una Coppa Italia, ne ho perde due e sono sempre arrivato secondo. Dal punto di vista umano e della crescita sono stati anni meravigliosi. Momento più bello e brutto da calciatore? Ovunque tu vada vivi momenti belli e brutti, bisogna saper voltare pagina e guardare agli obiettivi professionali. Ho vissuto una città stupenda e meravigliosa, un museo all’aria aperta. Roma per quello che dà e trasmette sono stato benissimo».

Chivu e la sua esperienza all’Inter: dal rapporto con Stankovic, al gruppo degli “zingari” fino al film da Oscar di Mourinho

MILANO – Chivu ricorda l’emozione del suo primo gol con la maglia dell’Inter: «Il gol contro l’Atalanta è stato un momento speciale perché il primo con la maglia dell’Inter. Ho aspettato tanto, lo volevo ed è arrivato a qualche mese dal rientro dopo l’infortunio alla testa. È stato un momento bello, poi l’abbraccio dei compagni e l’affetto dello stadio mi ha commosso. Vedere i ragazzi che mi baciavano la cicatrice dicendomi quanto meritassi quel gol è stato davvero emozionante. Cosa rappresenta la cicatrice per me? Un brutto infortunio che per fortuna ho superato in pochi mesi. Ho sempre imparato nella vita a prendere le cose come vengono ma ho sempre imparato a rialzarmi perché ciò che conta è voltare pagina e riprendere al meglio quello che avevo lasciato. Poi ho avuto la fortuna di stare in una società che mi ha dato tanto, dal presidente fino all’ultima persona che lavora in società. Ho avuto la fortuna di lavorare con un allenatore che mi ha dato tanta fiducia, senso di responsabilità, che ha creduto nella mia parola quando doveva fare la lista UEFA a fine gennaio, a due settimane dal mio secondo intervento: gli avevo detto di mettermi il lista perché ce l’avrei fatta. Poi i compagni che mi sono stati molto vicini e che mi hanno dato tanto. Sono cose che rimangono dentro».

AMICIZIE FORTI – Chivu e Dejan Stankovic, un’amicizia fatta di stima e fiducia: «Stankovic è il mio fratello grande, abbiamo un’amicizia importante. Ci siamo conosciuti da avversari ma ci siamo sempre rispettati, sia quando era nella Lazio che quando lui era all’Inter e io ancora a Roma. Poi abbiamo legato una bella amicizia. È un ragazzo eccezionale, ci sosteniamo a vicenda. Abbiamo una famiglia che è molto legata, i bambini poi adesso uno quasi l’ho allenato, lo vedo tutti i giorni. Filip (Stankovic, ndr) lo vedevo un po’ meno però loro sono come i miei figli. Diciamo che questo è il gruppo degli zingari, c’è dentro Materazzi, Pandev, Sneijder. Gli zingari veri però siamo io e Stankovic perché tra Serbia e Romania è una bella guerra a chi è più zingaro (ride, ndr). Io sono nato in una città a 100 km da Belgrado, quindi sono un grande ammiratore del popolo serbo, per l’orgoglio che loro hanno, per la fratellanza e l’unità che esprimono e poi ho avuto la fortuna di conoscere un grande serbo e un grande uomo. Per me è il massimo».

UNIONE – Chivu fa ovviamente parte di Inter Forever come tanti altri ex campioni nerazzurri: «Inter Forever? La maglia celebrativa di quelli che hanno smesso di giocare e che ricevono una maglietta per far capire alla gente che facciamo parte di un concetto, di un gruppo che ogni tanto si unisce alla causa interista giocando per altre cause. Ex giocatori che hanno la fortuna di rivedere i compagni con cui hanno condiviso la stessa maglia. Ed è bello. Qual è il momento della carriera a cui penso di più? Niente, non ci penso a quello che ho fatto. Il passato ti rimane nella memoria, ci sono dei ricordi bellissimi che magari racconti però non guardo mai indietro. Sono sempre preoccupato del presente e del futuro prossimo, senza guardare troppo in avanti perché la vita ti può preparare dei brutti scherzi. Le cose ho fatto nella mia carriera rispettando me stesso, il mio lavoro e i colori che ho indossato. Le società che mi hanno permesso di scrivere la storia, ho avuto la fortuna ovunque sono stato di vincere qualcosa. Mi sento fortunato. Ora sto facendo un lavoro talmente diverso che non mi permette di guardare a quello che ero o facevo io. Sono preoccupato di fare al meglio il mio lavoro per trasmettere qualcosa a questi ragazzi».

COME UN GRANDE REGISTA – Chivu parla poi di José Mourinho svelando quanto gli disse prima della finale di Champions League contro il Bayern Monaco: «Un grande uomo, un vincente, un amico perché è cosi. Abbiamo passato del tempo insieme e nonostante le nostre strade si siano separate abbiamo sempre mantenuto i contatti perché quando condividi bei momenti con una persona, quando queste persone fanno parte della tua vita, poi raggiungere quegli obiettivi e scrivere la storia sono cose che ti rimangono per sempre. E lui è un grande. Se è vero che aveva fatto il film di come sarebbe stata la mia finale contro il Bayern Monaco? Sì mi aveva già detto tutto. Mi aveva raccontato la storia del mio ultimo mese, di quello che sarebbe successo a maggio. Avrei fatto la finale di Champions da titolare, a Siena mi ha detto che sarei partito dalla panchina per avermi in finale a Madrid. Mi aveva detto prenderai il gallo con Robben, nel secondo tempo ti metterò mediano e piazzerò Zanetti su Robben perché tu sarai ammonito. Poi finirai la partita con i crampi e ti cambierò. Sembrava Spielberg con un film che poi ha vinto l’Oscar».

OBIETTIVI – Chivu termina parlando della sua esperienza da allenatore nella Primavera dell’Inter, fresca Campione d’Italia: «Che tipo di allenatore sono? Questo devono dirlo i ragazzi. Comunque sono uno molto passionale, un allenatore preoccupato della crescita die miei ragazzi e della squadra. A volte vorrei essere più concreto nel trasmettere le mie idee, poi mi accorgo che non è semplice. I ragazzi mi stanno migliorando, mi danno tante soddisfazioni e li ringrazio. So che posso e devo migliorare ancora per raggiungere i miei obiettivi che ancora non riesco a inquadrare perché guardo al domani e non troppo in là».

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