Pistocchi: “C’era chi voleva giocare Juventus-Inter a porte aperte! Calcio…”
Juventus-Inter è stata forse la partita più discussa prima che la Serie A chiudesse battenti per l’emergenza Coronavirus. Maurizio Pistocchi – intervenuto ai microfoni di “Maracanà” su “TMW Radio” – torna sull’argomento e critica la gestione del calcio italiano. Di seguito le sue dichiarazioni
EMERGENZA – Juventus-Inter e non solo tra gli argomenti affrontati da Maurizio Pistocchi: «Io penso che ora non sia opportuno parlare di come si può ripartire. Guardiamo cosa è successo negli altri Paesi, soprattutto in Cina, dove ci sono voluti quattro mesi pieni. I giocatori dovranno fare una preparazione per ricominciare a giocare. Cosa fanno, non li tengono allenati fino a giugno? È difficile mantenere una condizione in questo modo. Ci sono esigenze legate alla conclusione dei campionati e delle Coppe europee. Abbiamo visto la confusione che hanno fatto anche i massimi dirigenti dell’UEFA. Insomma, è stato un evento talmente grosso, talmente enorme con tantissime vittime che mi sembra inopportuno parlare di apertura. Certo bisogna pensare a un progetto fattibile per concludere i campionati. Mi sembra difficile poter vedere partite tra giugno e luglio».
ERRORI – Pistocchi sottolinea come il Coronavirus sia stato sottovalutato da tutti: «La portata di questo evento è stata sottovaluta, non solo dalla politica ma anche dal calci Basti pensare cosa è successo a febbraio: si è giocata Atalanta-Valencia a San Siro e il 22 febbraio tre partite a cambi aperti. Il giorno dopo rinviano tutte le partite. Nella settimana di Juventus-Inter c’è addirittura chi vuol giocare a porte aperte. Mi sembra chiaro che sono stati fatti degli errori di valutazione enormi. Si è sentito dire dai nostri virologi a inizio di febbraio che in Italia non sarebbe successo nulla. Mi sembra che l’evento sia stato sottovalutato. Non è sempre il tempo dello scaricabarile, qualcuno dovrà assumersi delle responsabilità. Nel calcio è stato fatto un grande pastrocchio, questo è sotto gli occhi di tutti».