José Mourinho ha rilasciato una lunga intervista a “The Coaches Voice” nel corso della quale ha ripercorso i due anni all’Inter culminati con la conquista della Champions League e del celebre Triplete
RICORDI INDELEBILI E ORIGINI DI UN TRIONFO – Il biennio nerazzurro ripercorso così da José Mourinho: «Il mio accordo con l’Inter nella prima stagione era mantenere il dominio nel calcio italiano vincendo lo Scudetto per la terza volta consecutiva ma allo stesso tempo sentire il bisogno della Champions League. Quando siamo stati eliminati dal Manchester United ho esposto il mio programma al club e detto al Presidente (Massimo Moratti, ndr) e al Direttore Sportivo (Marco Branca, ndr) che cosa ci serviva per portare la squadra al livello successivo: il lavoro che fece il club fu fenomenale. Quell’estate il mercato fu pazzesco, abbiamo aggiunto giocatori chiave decisivi a una squadra che era già incredibile in alcuni aspetti del gioco, poi abbiamo affrontato la Champions con ambizione e ce l’abbiamo fatta. Eravamo una squadra difensivamente fenomenale dal basso ma sentivo che dovevamo alzare la linea venti metri per rendere la squadra più dominante, per pressare più alti ed essere più forti: avevo un gruppo di difensori centrali nell’ultima fase della loro carriera e ci serviva un difensore centrale veloce, era fondamentale per noi. Volevo Ricardo Carvalho, ci abbiamo provato con forza ma non fu possibile con il Chelsea: con lo staff del club, ecco perché dico che la semplicità è geniale, e noi avevamo una struttura semplice, fu fatto immediatamente il nome di Lucio. Era il giocatore perfetto perché veramente veloce, forse tecnicamente non come Ricardo, e ci ha dato quello che volevamo. Poi dovevamo migliorare la nostra qualità di passaggio a centrocampo, avevamo giocatori fantastici, molto forti come Javier Zanetti, Dejan Stankovic e Sulley Muntari ma dovevamo essere più dominanti e più in controllo di palla: Wesley Sneijder era la chiave per noi. In attacco perdemmo Zlatan Ibrahimovic al Barcellona ma lo sostituimmo con Diego Milito e Samuel Eto’o, l’approccio fu molto semplice e la squadra si adattò non solo per continuare a dominare la Serie A ma anche quel tipo di squadra forte e cinica, intelligente e pragmatica che ce l’avrebbe fatta in Europa contro le squadre migliori. Non fummo fortunati nei sorteggi, iniziammo subito con il Barcellona ai gironi, nella fase a eliminazione diretta affrontammo il Chelsea, poi ancora il Barcellona in semifinale e il Bayern Monaco in finale: un grande traguardo per noi, specialmente perché abbiamo rotto quel muro psicologico di quasi 50 anni senza farcela. Se ricordate cos’era l’Inter negli anni ’80 e ’90, ogni top player nel mondo giocava per l’Inter: i tedeschi Lothar Matthaus, Andy Brehme, Jurgen Klinsmann, poi Clarence Seedorf, Edgar Davids, Ronaldo, Adriano e non ci erano mai riusciti per quel muro psicologico. La partita contro il Chelsea agli ottavi fu probabilmente il momento chiave in cui la gente ha iniziato a crederci, era quello di cui aveva bisogno la squadra».
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