Mourinho: “Dissi all’Inter cosa volevo per vincere. Svolta contro il Chelsea”
José Mourinho, in una lunghissima intervista concessa al portale The Coaches’ Voice, è tornato sulla mistica esperienza in nerazzurro. All’Inter è stato il picco della sua straordinaria carriera.
ALIENO – L’arrivo di José Mourinho all’Inter ebbe lo stesso impatto di un meteorite su un pianeta vergine. Lo ‘Special One’ ha fatto la storia del club nerazzurro ragionando in maniera semplice, ma estremamente efficace. È proprio il tecnico portoghese, intervistato da The Coaches’ Voice, a svelare alcuni retroscena di quella fantastica annata: «All’Inter il mio progetto era ben preciso. Dovevamo continuare a dominare in Italia durante la prima stagione, vincendo il titolo per la terza volta consecutiva. Ma allo stesso tempo dovevamo attrezzarci per fare bene in Champions League. Per il secondo step, invece, avevamo bisogno di portare la squadra ad un livello più alto».
MOMENTI TOPICI – Qualcosa cambiò dopo l’ennesima eliminazione, in Europa, contro una squadra inglese: «Nella prima stagione, ho aspettato fino al momento in cui venimmo buttati fuori dalla Champions dal Manchester United. In quel momento ho detto ai dirigenti ‘Questo è quello di cui ho bisogno’. Eravamo una squadra difensivamente fenomenale, perché ci muovevamo in blocco. Ma avevamo bisogno di alzare il baricentro di almeno venti metri, per essere più dominanti e pressare più alti. Per far questo, avevamo bisogno di un difensore centrale veloce. Il lavoro che il club fece l’estate successiva fu fenomenale».
VISIONE UNITARIA E LUNGIMIRANTE – Il mercato portò in dote fuoriclasse dal valore inestimabile: «La struttura del club Inter era semplice e anche quando la mia prima ipotesi, che era Ricardo Carvalho, non fu disponibile avevano la soluzione: Lucio. Era molto veloce. Esattamente ciò di cui avevo bisogno. Dopo di lui, dovevamo migliorare la qualità del possesso, avevamo giocatori fantastici come Javier Zanetti, Dejan Stankovic e Sulley Muntari. Ma dovevamo essere più dominanti. Wesley Sneijder era la chiave. Il suo approccio fu semplice e la squadra si adattò alla grande a ciò che chiedevo: non solo dominare in Serie A, ma diventare una squadra forte, pragmatica e intelligente a livello europeo».
TRIPUDIO NERAZZURRO – L’apoteosi nerazzurra, alla fine di un percorso così meticoloso, non poteva che essere una naturale conseguenza: «L’Inter non vinceva la Champions da quasi cinquant’anni. C’era un muro psicologico che dovevamo rompere. Il momento chiave fu contro il Chelsea negli ottavi di finale. Vincendo a Stamford Bridge la gente ci iniziò a credere. È stato il momento del ‘click’ di cui la squadra aveva bisogno. Il muro psicologico stava crollando. Vincere la Champions fu un traguardo fantastico. Non è stato facile, poiché non eravamo stati fortunati nei sorteggi, ma affrontammo la competizione con grande ambizione e con una squadra a dir poco incredibile».
Fonte: coachesvoice.com