Milan-Inter 0-3: ripartenze diventano contropiedi. Tutto per sminuire Conte
Fin dal fischio finale di Milan-Inter 0-3 sono partiti alibi e scuse per cercare di sminuire Antonio Conte e il suo lavoro perfetto. Ecco quindi che i nerazzurri diventano una squadra “catenaccio e contropiede”, come dopo la Coppa Italia il merito fu “solo” di due calci piazzati.
NOVE UOMINI – L’azione dello 0-2 nerazzurro in Milan-Inter è un manifesto di calcio. Specialmente in questo periodo dove la nuova moda del momento è la critica alla “costruzione dal basso”. Una lezione, da parte del maestro (per citare altri allenatori) Antonio Conte. Non imparata, però, dagli esperti di calcio. Non importa infatti che ben nove uomini abbiano toccato il pallone che ha portato al raddoppio, per chiudere un’azione magistrale. Magicamente, il tutto viene ridotto a “un lancio lungo e un passaggio”. Insomma, lo 0-3 totale dei nerazzurri ottenuto grazie a una preparazione meticolosa del tecnico diventa una vittoria in “catenaccio e contropiede”.
CALCI PIAZZATI – Un discorso, quello di Milan-Inter 0-3, che ricorda quanto fatto filtrare dopo il 2-1 di Coppa Italia. Ricordate? “L’Inter ha vinto grazie a due calci piazzati”. Senza contare il dominio mostrato in tutta la gara e il gol preso da Zlatan Ibrahimovic nell’unico tiro in porta del Milan in tutta la gara. Insomma, abbiamo capito che le ripartenze (anzi, scusate, i contropiedi) e i calci piazzati non valgono. Prima di questi discorsi, il merito (o meglio, la “colpa”) dei nerazzurri era l’essere troppo e unicamente decisivo Mauro Icardi prima e Romelu Lukaku poi. Ogni derby, una scusa diversa. L’importante è sempre cercare scuse e, nel farlo, possibilmente sminuire il lavoro degli altri.
MONDO PARALLELO – Un discorso che potrebbe reggere, se a farlo fossero dei tifosi. Ci sta, è il gioco delle parti. Ma il fatto è che dopo Milan-Inter ne sono uscite di tutti i colori. Tra opinionisti e anche ex-arbitri (con tre slot di sostituzioni che diventano magicamente quattro). Per non citare poi Stefano Pioli, che si è appellato alla “sfortuna”. Un mondo parallelo, dove non è la qualità a fare la differenza, ma soltanto la fortuna, i contropiedi e i calci piazzati. Fino al prossimo alibi.