Cristiano Lucarelli, ex attaccante di Serie A e attuale allenatore del Catania, è stato uno degli ospiti di oggi al programma radiofonico “Tutti Convocati” in cui ha parlato dell’impatto dell’epidemia in atto su tutto il sistema calcio
L’IDEA SORTEGGIO IN C – Per concludere la Serie C si ventila l’ipotesi di promuovere direttamente le prime in classifica nei tre gironi e sorteggiare una quarta squadra da mandare in B, ipotesi che non sembra piacere tanto a Lucarelli: «Diventa difficile pensare che possa essere premiata una squadra magari arrivata decima. Se dovesse essere sorteggio bisognerebbe riservarlo a piazza che abbiano una scala di valori per trascorso, bacino d’utenza e risultati, qualcosa in più di altre. Io sono affascinato dalle favole del calcio pane e salame, ma con un sorteggio dovrebbe essere stilata una classifica di merito così come succede con i ripescaggi».
LA RIPRESA – Lucarelli ritiene necessaria una ripartenza di tutto il Paese, non solo del calcio: «Sono favorevole a una ripresa graduale, ci deve essere, al di là dello sport. Conosco persone che da due mesi non guadagnano e non hanno reddito. Bisogna prendersi dei rischi, non dico di fare scelte avventate e di fare parole fuori luogo come hanno fatto certi rappresentanti politici in Inghilterra o in Francia dove ci hanno anche deriso, non dico di abbassarci a quei livelli, ma una ripresa deve esserci. Conosco persone che hanno problemi a mettere un piatto di pasta in tavola».
NO AI QUALUNQUISMI – Lucarelli si scaglia contro il pregiudizio del calciatore ricco e privilegiato sottolineando che per la maggior parte dei calciatori in Italia, andando nelle categorie inferiori alla Serie A, la situazione è tutt’altro che rosea: «A me dà noia il qualunquismo e mi incazzo quando sento parlare dei calciatori privilegiati. Ci sono 500 calciatori in A, 500 in B e 1500 in Serie C che muoiono di fame, con 1300-1400 euro al mese, che spesso non riscuotono nemmeno Vanno da Bolzano a Reggio Calabria o viceversa e si devono pagare trasferimenti, vitto, alloggio, con una famiglia da mantenere. Si parla di un movimento di 2500 persone e nell’immaginario collettivo si prendono quei 20 calciatori di A che fanno i milioni e per l’italiano medio il calciatore è quello con le veline, ma è un universo di 2500 professionisti dei quali più della metà sono già oggi in difficoltà economica perché gli stipendi sono quelli di un operaio».
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