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Conte: “3-5-2? So adattarmi. Io all’Inter? Sono uno spirito libero”

Antonio Conte, nella seconda parte della sua intervista col settimanale L’Équipe (qui la prima parte), ha parlato poi dell’aspetto più tecnico del suo lavoro. Ha spiegato il suo approccio ai moduli tattici, e anche la sua scelta di allenare l’Inter.

A IMMAGINE E SOMIGLIANZA –  Antonio Conte ha la straordinaria capacità di saper modellare le sue squadre a sua immagine e somiglianza. Questo è avvenuto anche all’Inter, dopo soli quattro mesi. Ecco come questo è possibile: «Mi metto la lavoro, esigo serietà, e in più stabilisco delle regole, dei vincoli per dare un orientamento. Dopotutto, tutti sono bravi a parlare di regole, ma quanti hanno la forza di farle rispettare quando arrivano i problemi? Tanti distogliono lo sguardo per evitare preoccupazioni. Io non sono così. Ad ogni modo, puoi essere chi vuoi, avere avuto una grande carriera da calciatore: i giocatori ti valutano, pesano il tuo valore in appena due settimane. Si dicono: “Quello è un allenatore top,  quello no, quello è una via di mezzo”».

I MODULI CAMBIANO – «Dipende soprattutto dai giocatori che ho a disposizione. In Serie B giocavo col 4-2-4. Ho collaudato questo modulo alla Juventus, ma sono rapidamente passato al 3-5-2 o al 3-3-4, a seconda dell’interpretazione: quest’approccio era unico. Io e il mio staff siamo sempre stati un caso di studio. Oltretutto, prima che io arrivassi in Premier League, la difesa a tre era tabù, poi le squadre ci si sono messe. Io stesso ho iniziato con la difesa a quattro, fino a una sconfitta per 0-3 contro l’Arsenal. Allora ho cambiato, perché avevo dei giocatori da proteggere».

NESSUN DOGMA – Conte quindi non si definisce come un integralista di un unico modulo: «Assolutamente no. Al Chelsea usavo un 3-4-2-1, con Hazard, Willian o Pedro dietro l’attaccante e due mediani a supporto. All’Inter ne ho tre. Mi adatto alle caratteristiche dei miei giocatori per valorizzare le loro qualità e limitare gli errori».

PERCHÈ PROPRIO IO? – Infine, Conte ha risposto (in modo irritato, come riportato dall’intervistatore), alla sua scelta di allenare l’Inter, dopo tanti anni alla Juventus: «Penso di essere una persona onesta e leale in tutto, credo nel lavoro, nello sforzo, nel sacrificio. Non mi snaturo, non sono un leccac**o, non mi addolcisco con le sviolinate! Cerco di farmi apprezzare per questo, ma se si preferisce attizzare il fuoco piuttosto che fare di me un esempio positivo… Sono arrivato dove sono grazie a me stesso, e non devo ringraziare nessuno a parte i miei genitori. Sono uno spirito libero”».

Fonte: L’Équipe magazine – Valentin Pauluzzi

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