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L’Inter, l’Europa League dei perdenti e la retorica della convenienza

L’Europa League è davvero la competizione dei perdenti? Per l’Inter quanto è importante? Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma siamo stanchi di vedere snobbata ed esaltata questa kermesse a seconda del momento e dei protagonisti che si preparano ad affrontarla

CRIPTONITE – La necessità di questo pezzo non sgorga dalle viscere frizzanti di un tifoso nerazzurro, che a 9 anni dall’ultima volta si ritrova in una semifinale europea. Questo pezzo nasce dall’ennesima incongruenza del panorama sportivo nostrano, che tinge di retorica a convenienza il cammino delle squadre italiane in Europa League. Un noto portale web l’ha definita “la coppa dei perdenti“, portando a sostegno della tesi argomentazioni cariche di luoghi comuni e banalità. In realtà, una definizione di questo tipo è esattamente quello che ci aspetteremmo dal panorama calcistico (e mediatico) italiano, estremamente repellente alla sorella minore delle due coppe europee. Anche per questo, non può essere un caso, l’ultimo trionfo di una squadra italiana in Coppa Uefa/Europa League risale alla stagione 1998/99. Era il Parma di Alberto Malesani, la lira era la moneta corrente e i calciatori non avevano ancora le maglie aderenti.

DIFETTI – Da allora questa competizione ha cambiato nettamente volto e design, ma le squadre italiane hanno cominciato a considerarla una specie di scocciatura. L’ha dimostrato, come se ce ne fosse ancora bisogno, la Lazio di Simone Inzaghi quest’anno, tramite una strategia tranquillamente ostentata ma dalla dubbia efficacia. Le trasferte imponderabili, il giovedì come giorno chiave e lo spauracchio dei preliminari a luglio rappresentano ostacoli troppo grandi da superare.

PERDENTI A CHI? – Per carità, l’Europa League avrà anche i suoi difettucci di fabbrica, ma a guardare il palmarés delle quattro semifinaliste non si direbbe che sia una competizione di perdenti, storicamente parlando. Tra Inter, Shakhtar Donetsk, Manchester United e Siviglia ci sono infatti 6 Champions League, 10 Europa League, 2 Coppa delle Coppe, 2 Supercoppe Uefa e 4 Mondiali per Club. Non male, soprattutto se compariamo i trofei con quelli delle quattro semifinaliste di Champions League: 5 Champions League, 2 Coppa delle Coppe, 1 Europa League, 1 Supercoppa Uefa e 3 Mondiali per club.

TRADIZIONE E STORIA – Anche guardando più a ritroso, si nota quanto e come le esperienze in Europa League abbiano formato e arricchito la bacheca di squadre estremamente vincenti ed entusiasmanti nell’ultimo decennio. Si pensi al Chelsea della stagione 2012/2013, che l’anno prima aveva vinto la Champions League in maniera rocambolesca mettendo in fila una doppietta europea ineguagliata finora. Anche l’Atletico Madrid l’ha vinta 3 volte negli ultimi dieci anni. Per non parlare poi del Manchester United, che non sarà ai livelli dei cugini del City, ma nel 2016/17 battè quell’Ajax di cui poi ci siamo riempiti la bocca lo scorso anno. L’ossatura degli olandesi era praticamente quella che avrebbe buttato fuori la Juventus due anni più tardi in Champions League.

A CONVENIENZA – Ma il punto chiave non è tanto il participio con cui definire l’Europa League, quanto la retorica fastidiosa che continua a circondarla dalle nostre parti. L’Europa League è un miraggio per le piccole, un boccone amaro per le medie e una scocciatura per le grandi. Di fatto, è l’ultimo baluardo prima del baratro della Superlega, che taglierebbe definitivamente le ambizioni europee della stragrande maggioranza dei club di Serie A. Inoltre, prendendo per buono che l’Europa League sia la competizione dei perdenti, è palesemente vero che il nostro calcio si è dimostrato inadatto ai presunti palcoscenici dei vincenti. Allora, forse, dovremmo ripartire da dove ci compete, dunque dal basso. Ma questa è un’altra storia. Prima di tutto dovremmo smetterla di riempirci la bocca, durante la stagione, con una retorica da convenienza sull’Europa League: obiettivo dichiarato, obiettivo di ripiego oppure semplice competizione da snobbare prima possibile a seconda delle situazioni. Certe affermazioni suonano un po’ come la volpe che ha smesso di saltare verso l’uva. Ma a quanto pare ha smesso dal 1999!

UN’EUROPA DIVERSA – Negli ultimi mesi abbiamo sentito di tutto. Abbiamo sentito che Antonio Conte avrebbe dovuto snobbarla questa Europa League, e che invece adesso potrebbe addirittura decidere il suo futuro. È sicuramente vero che l’Inter ha per le mani un’occasione unica. Ma non per quell’appellativo di competizione-scocciatura (che tra l’altro potrebbe garantirgli una comoda terza fascia nel sorteggio di Champions). Piuttosto, è vero che l’Inter eviterebbe di tornarci volentieri nelle prossime stagioni. Ma non tanto per il participio da porle a fianco, quanto per non dover più combattere con le incongruenze di chi guarda l’Europa League in mille modi diversi durante la stessa stagione, a seconda dei momenti e dei protagonisti. La retorica della convenienza è il vero male del nostro calcio.

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