Internazionale, una storia dietro al nome: non solo di calcio ma molto di più
Internazionale è una parola che non si presta a molte interpretazioni. Nel calcio ma non solo. La presentazione della nuova seconda maglia dell’Inter ci dà l’occasione di ripercorrere un po’ la storia della società, nata oltre 114 anni fa sulla base di importanti princìpi etico-morali
VALORI ETICI E MORALI – Quando ero bambina mi chiedevano spesso: «Ma non ti vergogni a tifare una squadra in cui ci sono, al massimo, due italiani?». Sembra, all’apparenza, una domanda così distante dai giorni nostri, vista la grande quantità di talenti stranieri che arrivano dall’estero per deliziare il nostro calcio. Eppure, se ancora oggi è necessario indire campagne contro il razzismo e sostenere a gran voce l’uguaglianza vuol dire che, purtroppo, questa distanza è più breve di quel che si crede. Sono moltissimi i club che si impegnano per la causa. E l’Inter è, per sua stessa natura, tra quelli in prima fila. A prescindere dal numero di italiani in rosa.
DNA INTERNAZIONALE – Il nome “Internazionale” non è un caso. La lotta alla discriminazione non è soltanto un modo per sensibilizzare su un tema estremamente rilevante, ma vuol dire portare avanti la causa per la quale la società nerazzurra ha avuto origine. Dietro la sua nascita vi è infatti un gruppo di soci dissidenti di quello che all’epoca portava il nome di Milan Football and Cricket Club. Oggi AC Milan. La ragione del dissenso fu proprio l’imposizione da parte della dirigenza di vietare l’inclusione di giocatori di nazionalità straniera. Il 9 marzo 1908 al ristorante “L’Orologio” in Piazza Duomo a Milano nacque l’FC Internazionale Milano. «Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle. Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del mondo». Questo è il celebre atto di fondazione firmato Giorgio Muggiani, principale promotore della scissione. Il padre dell’Inter.
Una storia Internazionale: dalla nascita alla maglia
BROTHERS UNIVERSALLY UNITED – Ma non tutti quelli che tifano Inter hanno ben chiaro questo concetto di fratellanza. Sono diversi gli episodi in cui la società si è trovata costretta a prendere le distanze dalla tifoseria nerazzurra. Uno fra i più recenti e più noti riguarda Kalidou Koulibaly. Durante il match di San Siro tra Inter e Napoli del dicembre 2018 l’ormai ex difensore azzurro ricevette pesanti cori razzisti. La reazione del club milanese fu immediata, con il lancio della campagna BUU – Brothers Universally United, e rappresenta un’ulteriore conferma a quanto detto in precedenza: «Da quando una notte di 110 anni fa i nostri fondatori hanno messo la firma su quello che sarebbe stato il nostro percorso, noi abbiamo detto no a ogni forma di discriminazione. Per questo ci sentiamo in dovere oggi, una volta di più, di affermare che chi non dovesse comprendere e accettare la nostra storia, questa storia – di inclusione e di rispetto -, non è uno di noi». Chiunque ha scelto l’Inter ha quindi l’obbligo morale di tenere bene a mente queste parole che, all’occorrenza, saranno sempre ribadite. Sperando ce ne sia sempre minor bisogno.
BROTHERS AND SISTERS OF THE WORLD – Tra le iniziative mosse dalla società in questo senso ce n’è un’altra che vale la pena menzionare. Attraverso Inter Campus – insieme a Chelsea, Benfica, Rangers, Club Brugge, Brentford, Ludogorets e Werder Brema – porta avanti un progetto, coordinato da EFDN e co-finanziato dall’Unione Europea, dal nome “Mostra il Cartellino Rosso al Razzismo”. Progetto che ha l’obiettivo quello di portare nelle scuole il tema della diversità per spiegarne il valore ai bambini di tutto il mondo. Con la presentazione della seconda maglia di quest’anno l’Inter ha voluto, forse più di sempre, ribadire la propria identità. Il planisfero stampato sul nuovo Away Kit dell’Inter non lascia spazio ad altre interpretazioni: l’internazionalità è il marchio di fabbrica di cui andare più fieri in casa Inter. Da oltre 114 anni.