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D’Ambrosio jolly contro il Torino: l’interpretazione conta più del modulo

Danilo D’Ambrosio torna ufficialmente il jolly di Antonio Conte. Il numero 33 dell’Inter è partito ancora una volta titolare contro il Torino, sua ex squadra. Per il 32enne una prova solida, senza fronzoli ma nemmeno rischi, grazie ad un’interpretazione lucida del match.

TUTTOFAREDanilo D’Ambrosio è il classico giocatore definito “jolly” in un album di figurine di fine anni Novanta. Dalla ripresa della Serie A, Antonio Conte lo ha sempre schierato titolare (tranne contro il Verona, per squalifica). D’Ambrosio è sinonimo di sostanza e affidabilità, e continua a farsi apprezzare per l’ottima applicazione, a prescindere da dove venga schierato. Non ha il brio offensivo di altri esterni in rosa, ma può compensare con una maggiore attenzione difensiva. Ieri il Torino non ha mai sfondato, soprattutto dalla sua parte, grazie anche al suo arretramento, quasi a formare una linea a quattro. A dimostrazione di come parlare di moduli sia esercizio di stile incompleto e ottuso: a fare la differenza è l’interpretazione applicata da ciascun giocatore.

EQUILIBRIO – E questo si è visto proprio ieri sera, nella differenza di approccio tra D’Ambrosio e Ashley Young. Una differenza che ha portato l’inglese ad essere più attivo negli ultimi 30 metri: Young prima pareggia i conti, e poi contribuisce allo schema che porta al 2-1 di Diego Godin. Dall’altro lato, D’Ambrosio si contiene maggiormente in zona offensiva, preferendo mantenere un posizionamento più basso. L’approccio tra i due esterni è sì differente, ma perfettamente complementare. Una sorta di movimento oscillante che permette all’Inter di non alterare mai l’equilibrio in campo. Lo si può osservare meglio nelle heatmap dei due giocatori (fonte: SofaScore):

A sinistra la mappa di D’Ambrosio, a destra quella di Young. Come si può vedere, l’inglese si spinge molto più avanti, mentre l’italiano preferisce coprire di più nei pressi della metà campo. Movimenti e meccanismi di estrema intelligenza tattica, che permettono all’Inter una costruzione della manovra meno impulsiva, ma più razionale. Non serve pertanto tornare alla difesa a quattro, come invocato dai detrattori della linea a tre di Conte. È sufficiente impiegare sugli esterni dei giocatori in grado di muoversi con intelligenza, senza cercare a tutti i costi il fondo, sovraccaricando il lavoro di copertura dei compagni più arretrati.

 

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