Conte fa suo l’insegnamento (vincente) di Prisco, ora per l’Inter è tempo di andare oltre
Conte non è più l’allenatore dell’Inter, con cui ha vinto l’ultimo Scudetto da assoluto protagonista in panchina. Al tecnico campione d’Italia non è mai stata attribuita l’etichetta da “interista”, eppure – per due anni – si può essere tali pur non avendo il DNA di Prisco
SERVIRE L’INTER – C’è una frase che, più di tutte, rappresenta l’interismo visto con gli occhi di Peppino Prisco, che di certo non può essere messo in discussione con nessun altro tifoso dell’Inter: «Io ho cercato di servire sempre e solo l’Inter». In quanti possono dire di aver fatto lo stesso nella propria vita? Escludendo i tifosi, nel mondo del calcio non ci sono allenatori, calciatori, dirigenti, presidenti e proprietari che possono vantare questo pregio nel proprio CV. Nemmeno quei protagonisti rimasti in maniera indelebile nella storia nerazzurra. Come lo stesso Antonio Conte, che sicuramente non passerà alla storia come “il più interista” di tutti. Ma lo scudetto vinto sulla panchina dell’Inter, pur senza cancellarne il passato e il futuro (chissà…), basta per piazzarlo nella storia dei grandi dell’Inter. E ripensandoci bene, negli ultimi due difficili anni passati tra Appiano Gentile e Milano, Conte l’insegnamento di Prisco l’ha fatto suo: ha cercato di servire sempre e solo la sua Inter. Ben pagato, certo. Diventandone il primo tifoso, in campo e fuori. Ed è andato via, a testa alta (ma da vincente), con motivazioni che non possono essere criticate né giudicate negativamente per partito preso. Perché negli ultimi due anni, all’Inter, nessuno è stato più interista di Conte. Ora è tempo di guardare avanti, sia per l’Inter sia per Conte. È iniziata l’era post-Conte con Simone Inzaghi (vedi editoriale), che deve cercare di servire sempre e solo l’Inter. Non ci sarà mai più un altro immenso Prisco nell’Inter moderna, ma l’esempio di Conte può essere di aiuto.