ESCLUSIVA IN – Repice: «Inter, la coesione è la tua forza! Ai tifosi dico…»
Francesco Repice, noto giornalista e apprezzatissimo radiocronista di “Radio Rai”, ha parlato in esclusiva a Inter-News.it a pochi giorni dalla finale di Champions League dell’Inter. Tra i vari temi affrontati: un bilancio sulla stagione dei nerazzurri, la forza di Inzaghi di sapersi rialzare e la difficoltà di doversela vedere con un avversario come il Manchester City. Poi anche un messaggio speciale per i tifosi dell’Inter.
Premessa doverosa. L’ultima volta che ha parlato con la nostra redazione era il 7 marzo 2023. L’Inter stava vivendo un momento molto particolare: in campionato era molto discontinua e in Champions League era attesa a Porto, per il ritorno degli ottavi. A distanza di qualche mese siamo qui a parlare nuovamente, con un terzo posto in classifica, una Coppa Italia e pronti per partire per Istanbul. Repice, ad oggi cosa ci può dire del percorso stagionale dell’Inter?
Credo che il percorso dell’Inter sia consono a quella che è la rosa, come ha detto anche Simone Inzaghi. È chiaro che ci si aspettasse qualcosa in più in campionato perché tutti credono, obiettivamente, che l’organico dell’Inter sia quello più ricco e profondo d’Italia. Poi ci sono state delle vicissitudini e dei problemi, che attraversano un pochino tutti i club. Questi problemi li ha avuti anche l’Inter ma li ha affrontati bene, resistendo a quell’impeto senza senso contro Inzaghi. Ancora memori della sconfitta del campionato dell’anno scorso, per quella partita di Bologna, ancora con delle cose nella testa. Simone Inzaghi grazie alla società, che lo ha anche pungolato, è riuscito a venirne a capo dimostrando di essere un allenatore di primissimo ordine. Mettendo a frutto tutte quelle che erano le potenzialità indiscusse della sua rosa.
Repice a cosa riconduce il cambio di marcia della squadra di Inzaghi?
Parte sempre dal gruppo, dai discorsi chiari che si fanno nello spogliatoio e al campo d’allenamento. Inzaghi è riuscito a convincere Calhanoglu a giocare in una posizione che non è esattamente la sua, per lo meno per come lo abbiamo conosciuto noi. È riuscito anche a sopperire all’infortunio di Skriniar, al periodo complicato e al mancato passaggio al Paris Saint-Germain ormai imminente. Parlando nello spogliatoio con i suoi giocatori, e in particolare con Lukaku, è riuscito a fargli passare quel momento buio e di crisi che ha indubbiamente attraversato. Sono tutte piccole grandi cose che passano attraverso il lavoro in campo sì, ma anche i rapporti chiari e schietti in uno spogliatoio. Quando hai un allenatore capace di parlare ai propri giocatori in una certa maniera, ottieni dei risultati. Il che va al di là delle questioni tecnico-tattiche puramente intese.
C’è stato un momento in cui ha percepito che l’Inter quest’anno avrebbe potuto davvero farcela ad arrivare fino in fondo?
In genere quando l’Inter partecipa ad una coppa arriva sempre fino in fondo (ride, ndr). Questo è quello che ha dimostrato Simone Inzaghi nel corso della sua carriera. Si ha l’impressione che quell’appuntamento non lo sbagli mai. Lo ha dimostrato nella Supercoppa Italiana, è successo in Coppa Italia, c’è la finale di Champions League. Più o meno quest’impressione ce l’abbiamo tutti. Credo che la partita contro il Benfica sia stata un po’ lo spartiacque della stagione europea dell’Inter. Lì secondo me tutti hanno capito che la squadra poteva andare avanti. Forse già un bel tassello era stato messo nel momento in cui il Barcellona era stato estromesso dalla corsa. Ricordiamoci quali erano le squadre che aveva l’Inter nella fase a gironi. Tutti pensavamo che sarebbe inevitabilmente e fisiologicamente retrocessa in Europa League. Così non è stato. Primo tassello eliminazione del Barcellona e seconda tappa in trasferta contro il Benfica.
C’è chi dice che il Manchester City sia favorito e che per l’Inter non ci sia nulla da fare, chi afferma che “Tutto è possibile” in una finale e, addirittura, c’è anche chi, come Guardiola, pensa che quello della squadra inglese favorita sia solo una storiella inventata. Lei Repice come la pensa?
Dopo aver spesso tutti quei miliardi sul mercato, complimenti a Guardiola perché ci vuole davvero della fantasia per dire che il Manchester City non sia favorito. Ha due o tre squadre a disposizione, tutte fatte di giocatori importanti. Alcuni secondo me molto sopravvalutati, altri altrettanto certamente molto forti. Però dire che il Manchester City non sia favorito in questa finale di Champions League secondo me è come prendersi un po’ in giro. Poi, come dice sempre Gigi Buffon, non sempre vincono i più forti, a volte vincono i più bravi. Staremo a vedere.
Con la sua voce e le sue parole lei regala emozioni e dona tantissima carica a tanti tifosi. Ma se dovessimo parlare delle emozioni di Repice, calcisticamente parlando, qual è stata la partita dell’Inter che quest’anno le ha smosso particolarmente qualcosa, anche da radiocronista.
Forse Porto-Inter. Penso che i risultati si acquisiscano anche con la sofferenza. Sono allergico a questioni tattiche. Pur conoscendole molto bene, non penso che siano così fondamentali. Secondo me, a certi livelli e con determinati giocatori, è la capacità di soffrire, anche nei momenti complicati e superarli, che fa sì che si arrivi a determinati obiettivi. Quando quello spogliatoio si dimostra un gruppo unito. Non dico che tutti debbano essere amici, è impossibile che sia così. Parlo di quando ci si mette quella maglia, si giocano certe partite e si scopre che si sta bene insieme e che si vuole arrivare tutti a quell’obiettivo. Io credo che questo sia fondamentale. Quei momenti terribili sul finale a Porto: quando Onana si opponeva a tutto, la traversa, i palloni sulla linea. Quella roba lì, che sembra un assedio, non è fortuna. Si tratta di capacità di soffrire, una cosa ben diversa!
Lei era una voce nella radiocronaca della finale di Madrid del 2010. Immagino che lo sarà anche quest’anno. Cosa prova al pensiero di raccontare, dopo 13 anni, un’altra finale di Champions League dell’Inter.
A parte le finali tra squadre straniere, è la quarta volta che mi capita di raccontare quella di una squadra italiana. Anche per me questa è, intimamente – intendiamoci -, una piccola battaglia personale. Io sono quello che volgarmente viene definito un “risultatista”. I miei punti di riferimento odierni sono Mourinho, Allegri, Ancelotti, questo tipo di allenatori qui. Non sono tanto per quegli altri, ecco. Simone Inzaghi per me rappresenta una sintesi perfetta. A parte che mi farebbe piacere se vincesse una squadra italiana, ma avrei tanto piacere anche per un’altra cosa. Se fossi un difensore dell’Inter in questi giorni sarei caricato a pallettoni. Direi: “Quanto vali tu? 120, 170, 200 milioni? Benissimo, adesso vediamo se riesci a passare me, che sono un giocatore dell’Inter e ho la maglia nerazzurra addosso!”. Anche con i miei colleghi, che la pensano diversamente da me, è un po’ una sfida nella sfida (ride, ndr).
Repice, ha un messaggio da lanciare, come solo lei sa fare, ai tifosi nerazzurri che attendono con ansia il 10 giugno?
Io credo che i tifosi dell’Inter in questo momento di tutto abbiano bisogno meno che di messaggi. Il messaggio se lo portano dentro loro. Sanno loro quanto hanno faticato per arrivare lì, sanno loro le notti insonni che hanno passato per arrivare lì, sanno loro l’ansia che gli sta attanagliando lo stomaco, sanno loro le pene dell’inferno che patiranno durante quei 90′ o chissà quanti altri minuti di gioco. Sanno loro quello che potrebbe esplodere nei loro cuori se le cose dovessero andare in un certo modo. E sanno loro come si vivono certe partite. Loro lo sanno perché ne hanno vissute tante. Non c’è nessun messaggio da mandargli.
Si ringrazia Francesco Repice per la cordialità e la disponibilità mostrata nell’intervista. La riproduzione parziale di questa intervista esclusiva è possibile previa citazione dell’autore (Elisa Luceri) e della fonte (Inter-News.it) con il link al contenuto originale, come indicato nel disclaimer qui sotto.