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ESCLUSIVA IN – Paganin: «Inter, ora ansia pressante ma nessun problema. Gioco? Idea precisa»

Antonio Paganin è un doppio ex di Inter-Verona, partita in programma domani alle 15: ha giocato in nerazzurro dal 1990 al 1995 e in gialloblù nel 1996-1997. L’ex difensore, ora allenatore, intervistato in esclusiva da Inter-News.it ha parlato del momento della squadra di Conte e di come approcciare la parte finale di stagione.

Paganin, all’Inter servono otto punti in queste sei giornate rimanenti per vincere il campionato. Considerato che le ultime tre sono Roma, Juventus e Udinese sarebbe meglio chiudere il discorso quanto prima?

È chiaro che per tanti motivi, avendolo passato in prima persona ai tempi di Trapattoni quando abbiamo duellato con la Sampdoria nel 90-91, ora l’ansia per chiudere il campionato si fa sempre più pressante. L’impressione, però, è che la squadra non abbia questo tipo di problema. Ha grandissima consapevolezza, arriva da una striscia lunghissima in campionato. Ha avuto una breve sosta fra Napoli e Spezia, ma è in grandissima salute. Non vedo nemmeno avversarie che possano impensierirla.

Domani Inter-Verona, partita di cui è doppio ex. Qualche giocatore sembra stanco: è il momento di dare spazio ad alcune alternative o meglio ancora i titolarissimi?

Da sempre il polso della situazione ce l’ha l’allenatore. Da esterni possiamo fare mille considerazioni su quello che possiamo vedere, ma Conte ha il polso della situazione e ha dimostrato di sbagliare poco e niente. La stanchezza è fondamentale, in un campionato anomalo come questo. Nella prima parte si è giocato a un ritmo frenetico, che ha bruciato energie mentali ai giocatori. Ma quando una squadra vede la possibilità di raggiungere quanto prefissato all’inizio lo sforzo raddoppia, tende a bypassare le problematiche legate a queste situazioni.

Nelle ultime due partite l’Inter ha paradossalmente preso due gol subendo appena un tiro in porta. Questo può influire sull’aspetto mentale della difesa?

Non credo, ma per un motivo molto semplice: sono abituati ad analizzare le gare. È chiaro che non puoi concedere mai nulla, ma un tiro un gol nel calcio ci può stare. Sono professionisti abituati a capire che, a volte, puoi tirare venti volte in porta e non segnare ma prendere gol sull’unico tiro. Le prestazioni con Napoli e Spezia sono state di altissimo profilo, ma ci sta: magari con lo Spezia inconsciamente sapevano del risultato negativo di chi sta dietro e qualcosa a livello di concretezza è venuto meno.

La svolta è arrivata quando Conte ha puntato sui tre difensori titolari, dopo un inizio di stagione in cui aveva spesso cambiato?

È chiaro che, quando giochi con un certo gruppo di giocatori, l’affiatamento cresce. Per me la svolta è arrivata nel momento in cui la squadra ha deciso, per non concedere spazio, di difendere più bassa. Quei famosi venti metri, che hanno contraddistinto grande intelligenza da parte di Conte. Io non riuscivo a capire come una squadra così forte non riuscisse ad avere un piano B: ecco, il piano B l’ha dimostrato. Ha dato tempo a Eriksen, che si sta rivelando un grandissimo giocatore, con un atteggiamento che è stato più consono a quello che i ritmi chiedevano. Andare a pressare alto, in un periodo in cui giocavi ogni tre giorni, era complicato: quando l’Inter si è equilibrata ha fatto una serie lunghissima e nessuno le è stata dietro.

In queste ultime settimane si è discusso molto del gioco dell’Inter. Cosa ne pensa?

Da sempre il mondo calciofilo si divide fra gli esteti e i pratici. Sono sempre dell’idea che puoi giocare bene, ma non è sinonimo di vincere i campionati. Il Manchester City di Guardiola, che forse gioca il calcio più bello in assoluto, ha grandi difficoltà a fare strada in Champions League dove la pratica prevale sull’estetica. Sono conscio del fatto che, molto probabilmente, l’Inter non è una squadra spettacolare, ma cosa si intende per spettacolare? Ha un’idea precisa di calcio e quello che sa fare lo fa terribilmente bene, altrimenti non si capirebbe il distacco dalla seconda. Ci sta che qualcuno sia più esteta, ma alla fine nel calcio conta il risultato.

Cinque anni all’Inter, dal 1990 al 1995, vincendo due volte la Coppa UEFA. Qual è il ricordo più bello che ha della sua esperienza in nerazzurro?

Ogni stagione vissuta all’Inter è un ricordo particolare, perché giochi nell’Inter. È difficile spiegare il fascino che può esercitare una società di così alto livello. Ho fatto quattro anni alla Sampdoria, ma all’Inter giochi per vincere a prescindere dall’avversario. Il primo anno con Trapattoni è stato contraddistinto dalla Coppa UEFA e dal duello con la Sampdoria, il secondo (iniziato con Orrico, ndr) ci ha dimostrato che indipendentemente da tutto ci sono dei colori da onorare. Poi abbiamo avuto due anni di soddisfazioni con Bagnoli, il secondo un po’ meno col cambio di allenatore ma ci ha portato però alla conquista della seconda Coppa UEFA. L’ultimo anno più complicato per me: venivo da un infortunio alla spalla, ma ho tratto il massimo giovamento perché non ero abituato a viverlo da comprimario. Però ci può stare, nel calcio capita di avere delle stagioni dove giochi meno.

Si ringrazia Antonio Paganin per la disponibilità mostrata nell’intervista.

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