Editoriali

Serie A (e UEFA), 2 proposte per far ripartire e finire la stagione 2019/20

La Serie A ancora non ha fatto quadrare il suo cerchio in vista della ripartenza. Troppi contro e pochi pro, la stagione 2019/20 sembra già compromessa a prescindere dalle date e dai nuovi regolamenti. Intanto la UEFA pressa e fissa la sua deadline, di fatto non ci sono molti margini di errore. Forse l’unica soluzione è quella di ideare un nuovo format specifico per terminare il tutto senza grossi rischi. Ecco allora due proposte per provare a ridare un “senso” alle ultime partite stagionali

RIPARTENZA DIFFICILE – In questi giorni ne abbiamo lette e sentite tante. Di cazzate. Parola tanto forte quanto inelegante, ma quando ci vuole… ci vuole. Possiamo provare ad aggiungerne un’altra. Tanto sull’argomento calcio ognuno ha da dire la sua e la luce ancora non si vede. Così come tutta Europa, anche l’Italia si trova a un bivio: ripartire o non ripartire. Ma soprattutto, in che modo? C’è chi ha proposto di sospendere definitivamente la stagione 2019/20, di fatto annullandola senza assegnare il titolo. Chi vorrebbe congelare l’attuale classifica, anticipando il finale di qualche mese con la Juventus Campione d’Italia. Addirittura c’è chi ha avanzato l’idea di nominare l’Atalanta vincitrice, per simpatia. Così, tutto senza senso. C’è chi cerca di giocare d’anticipo come la Lazio, con gli allenamenti, perché forse spera di ripartire, andare in testa, e poi veder nuovamente tutto bloccato per una seconda ondata di emergenza Coronavirus. E quindi ognuno propone la sua, compresi i regolamenti innovativi. Partite ogni due-tre giorni con cinque cambi per ogni squadra, così i 90′ più recupero diventano più gestibili per gli allenatori. Orari diversi per giocare in estate, senza contemporaneità, così tutte le partite andranno in diretta TV. Poi magari c’è chi giocherà venerdì alle 14.00 e chi lunedì alle 22.00, poco importa. L’unica certezza è che si sta cercando in tutti i modi di far ripartire la Serie A, senza avere la certezza di poterla concludere. E per farlo non si sta tenendo conto dell’unico concetto che regge tutto il baraccone calcistico, anche nei momenti più bui o futili: lo spettacolo.

CALCIO BUSINESS – Un campionato che riprende a distanza di tre o più mesi dallo stop forzato è già di per sé anormale. Se ci aggiungiamo che la partite dovranno giocarsi a porte chiuse e forse anche in campo neutro, viene facile capire che non si può più parlare di spettacolo calcistico. Eppure il motivo per cui si deve/vuole tornare in campo è strettamente connesso al calcio business, quindi nulla a che vedere con il divertimento, l’attività sportiva in sé o quella lavorativa dei protagonisti. Bisogna tornare in campo per non far fallire – o comunque far precipitare a livello economico – le grosse aziende che operano in questo settore. Si dimentica, però, che tutte queste aziende sono vive perché c’è qualcuno che paga per il principale servizio offerto, che resta il calcio: il tifoso appassionato. Senza questo soggetto, che spende i propri soldi per abbonarsi, andare allo stadio, comprare maglie e altro merchandising, o semplicemente seguire la propria squadra da casa attraverso la TV pay-per-view, non esisterebbe il calcio business con tutte le sue aziende coinvolte. Quindi, in un periodo storico in cui non può esistere il turismo calcistico per via delle porte chiuse, è opportuno offrire uno spettacolo degno di questo nome al “nuovo” tifoso casalingo. Perché l’abbonamento TV dovrà continuare a pagarlo, altrimenti addio partite. E addio calcio.

TERZO MANCANTE – Da ieri si discute sul da farsi. L’esempio dato dall’Olanda è sbagliatissimo. Annullare la stagione è tanto folle quanto farla ripartire credendo che tutto sia come prima. Si tratta di un suicidio economico, da una parte. E di un omicidio normativo, dall’altro. E per quanto la priorità oggi debba essere preservare la salute di tutti, non si può rinunciare ai valori dello sport. Sarebbe un precedente pericolosissimo. L’Italia, con tutti i guai che ha, non può permettersi anche questo passo falso. La stagione 2019/20 è già stata giocata per due terzi, va solo completata. Bisogna sforzarsi per confezionare un prodotto che possa dare una parvenza di spettacolo al tifoso. Non bisogna stravolgere le regole del gioco, solo modificare il format conclusivo della stagione a causa dell’emergenza. C’è da “spettacolarizzare” il terzo mancante. E serve il consenso di tutti. Innanzitutto rivedendo (al ribasso…) gli accordi sui diritti TV, perché è impensabile giocare 124 partite in un mese e mezzo, tra giugno e luglio. Va bene che i calciatori sono strapagati per offrire le prestazioni sportive, ma chiedere un impegno simile in piena estate è disumano, soprattutto dopo lo stop forzato. Gli infortuni fisici sarebbero dietro l’angolo, falsando ulteriormente una stagione già falsata. Bisogna compattare il tutto, “normalizzando” un finale di stagione anomalo. Serve quindi una mossa in contrasto con le abitudini italiane: un nuovo format.

MINI TORNEI – L’obiettivo deve essere quello di terminare la stagione accontentando tutti. Ci deve essere un vincitore, che potrà cucirsi lo scudetto tricolore sul petto. La UEFA avrà le squadre qualificate alle prossime edizioni delle coppe europee. Ci saranno due-tre retrocesse in Serie B con altrettanto promosse in Serie A. Tutto ciò serve per permettere alla stagione 2020/21 di iniziare senza nessun tipo di handicap normativo. Che poi l’inizio debba essere posticipato a novembre 2020 o addirittura a gennaio 2021, poco importa. Appena terminerà questa stagione – a fine agosto secondo il calendario UEFA – si aprirà il calciomercato e si aspetterà il momento giusto per far ripartire tutti i campionati europei in condizioni normali. O quasi (dipende dalla normativa anti-contagio sulle porte chiuse). Questo ragionamento andrebbe fatto da ogni Paese, perché imitare il modello olandese stavolta non porterà a nulla di buono. Ci sono tantissimi milioni di euro in ballo, ma allo stesso tempo non si può speculare sulla salute degli atleti. Serve una via di mezzo che possa garantire tutto il necessario per andare avanti in condizioni di emergenza, appunto un nuovo format che garantisca spettacolo senza creare rischi di ogni tipo. E c’è solo una soluzione, tra il riprendere il campionato per altre 12 giornate e cancellarlo per sempre come se non fosse mai iniziato: play-off e play-out. Ovvero, segmentare la classifica di Serie A in base agli obiettivi rimasti. L’ideale sarebbe che fosse così in tutti i “campionati UEFA”, altro che esempio olandese…

PROPOSTA N.1 – Per quanto riguarda il calendario, una volta permessi gli allenamenti collettivi, c’è da credere che tra metà giugno e metà luglio si possa giocare tranquillamente qualche partita, senza rischi particolari. La Serie A in un certo senso deve piegarsi alle direttive UEFA, che ad agosto pretende le squadre che dovranno giocare la fase finale di Champions ed Europa League. Quella è la scadenza da rispettare per non annullare un campionato già falsato, ma è impossibile impostare un finale di stagione “normale” in queste condizioni. E le squadre italiane che puntano ad alzare un trofeo europeo, in particolare Juventus (UCL) e Inter (UEL), dovranno presentarsi a quell’appuntamento al meglio. Non dopo aver giocato una quindicina di partite, tra Serie A e Coppa Italia, in sei-sette settimane. Ecco perché il finale di stagione impostato su play-off e play-out viene in soccorso. Dopo aver recuperato le quattro partite della 25ª giornata (oltre alla famosa Sampdoria-Inter, anche Cagliari-Hellas Verona, Parma-Torino e Sassuolo-Atalanta), si congela la classifica e si creano due mini-tornei: le prime otto giocano per scudetto e coppe europee, mentre le ultime otto si sfidano per non retrocedere. Tre giornate per “competizione”, con quarti, semifinali e finale in sfida secca. Calendario incrociato in base alla classifica, per quanto riguarda i play-off: 1ª vs. 8ª (A); 2ª vs. 7ª (B); 3ª vs. 6ª (C); 4ª vs. 5ª (D). Chi è piazzata meglio ha il vantaggio del doppio risultato (in caso di pareggio, passa il turno quella con più punti), poi nuovo incrocio in semifinale (A vs. D e B vs. C). Infine la finale con possibilità di supplementari e rigori. Stesso discorso per i play-out, in cui chi vince si salva, costringendo le altre a sfidarsi nuovamente per decretare le tre retrocesse. Le 120 partite (12 giornate mancanti) verrebbero ridotte a 14 – massimo 3 per squadra – da spalmare in un calendario di quattro settimane, in cui dovranno aggiungersi le 3 partite conclusive della Coppa Italia (le semifinali Juventus-Milan e Napoli-Inter, più la finale). Alla fine, tra recuperi e fase finale, si giocherebbero oltre 20 partite dentro/fuori di grandissimo interesse per il pubblico pagante. Con buona pace della tradizione.

PROPOSTA N.2 – Senza alcun dubbio, questa modalità di segmentazione può essere considerata piuttosto rischiosa dalle società, che potrebbero veder sfumare l’obiettivo minimo stagionale (qualificazione in Champions), finora guadagnato sul campo, in caso di 90′ giocati male dopo tre-quattro mesi di stop forzato. Proprio per questo motivo è ipotizzabile uno scenario diverso, più soft. Il congelamento della classifica attuale a gruppi di quattro. Non più i play-off e play-out in due gruppi da otto squadre, ma una fase finale fatta di scontri diretti a quattro. Ad esempio, considerando la classifica attuale, per il mini-torneo “Scudetto e Champions League” si sfidano Juventus-Atalanta e Lazio-Inter. Andata e ritorno a distanza di una settimana, nello stesso campo (neutro), senza vantaggi di classifica. Poi la finalissima scudetto per assegnare il titolo. In questo modo le prime quattro non perderebbero il pass Champions e i relativi introiti, costringendo le altre pretendenti a lottare per i posti in Europa League. Si gioca solo per il titolo, che va assegnato. Invece, nel mini-torneo “Europa League”, considerando l’attuale classifica, in campo Roma-Verona e Napoli-Milan. Chi vince si qualifica alla seconda competizione europea. Infine, nel mini-torneo per non retrocedere, in campo Genoa-Brescia e Lecce-SPAL. Le perdenti retrocedono in Serie B (facendo salire Benevento e Crotone), mentre le vincenti si sfidano con le vincenti dei play-off della cadetteria per dimostrare di meritare la massima serie. Anche in questo caso si giocherebbero circa 20 partite, 1/6 rispetto a quelle mancanti, ma senza partite “inutili” ai fini delle sorti stagionali.

EMERGENZA CALCISTICA – Tutto molto caotico, forse. Anzi, sicuramente. Tutto molto strano, rispetto a quanto siamo abituati a vivere in Italia. Non più dieci partite in contemporanea nell’ultima giornata, sperando che ci sia ancora qualcosa in palio (da anni non è più così), ma una serie di “finali” in perfetto stile UEFA. Può essere il compromesso per avere la certezza di stilare una classifica finale credibile, anziché rimettere tutti in gioco e stoppare nuovamente tutto alla notizia del primo contagio. Perché adesso si dice il contrario, ma la normalità sarebbe quella, a prescindere dagli ultimi protocolli improvvisati… E in tempi di partite a porte chiuse, piuttosto che andare avanti per 12-13 giornate in una situazione surreale, ha più senso ridurre gli impegni, aumentando però il peso specifico della gara. Sicuramente non verrebbe meno lo spettacolo, seppur estivo. Forse è solo un’altra cazzata che si aggiunge alla lunga lista? Può essere, ma qualcosa va fatto per ridare un senso al calcio in tempi come questi. Del resto la situazione di emergenza lo richiede. Vale la pena far ripartire la Serie A a metà giugno, con tutti i rischi del caso, senza sapere se potrà reggere i ritmi prima di un nuovo stop? Tanto vale pazientare ancora un po’ e poi concludere il tutto con un format che bada più allo spettacolo che all’economia. Sperando che le squadre italiane, ad agosto, facciano il loro meglio nel nuovo format UEFA per concludere Champions ed Europa League, magari alzando un trofeo. Senza festeggiarlo, visto lo scenario drammatico attuale. Si tratta solo di un’assegnazione “sul campo”, anomala. Perché di questo si parla oggi: calcio in tempi di emergenza, non c’è tempo di rischiare altri buchi nell’acqua. Bisogna agire.

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