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Kolarov arriva all’Inter con 59 gol e 12 anni di ritardo. Ma ne vale la pena

Kolarov da oggi può iniziare a scrivere finalmente la sua storia in maglia nerazzurra come fatto già in passato da chi rappresenta meglio di tutti il suo modo di vivere il calcio. Sono tanti i punti in comune con Mihajlovic, che deve essere preso come esempio totale. L’Inter nel 2020 chiude un’operazione “nata” nel 2008. Ma non è mai troppo tardi (forse)

DA BELGRADO A MILANO – La storia si ripete. Stella Rossa di Belgrado, Roma – sia Lazio sia Roma – e Inter di Milano all’età di 35 anni da compiere. La carriera di Aleksandar Kolarov si distingue da quella del connazionale Sinisa Mihajlovic per il passaggio centrale che impedisce il trasferimento da una parte all’altra della Capitale d’Italia. Il Manchester City (2010-2017) per il classe ’85 neo acquisto dell’Inter e la Sampdoria (1994-1998) per il classe ’69 oggi sulla panchina del Bologna. L’approdo di Kolarov a Milano non differisce per nulla da quello del suo predecessore, soprattutto se verrà confermato il numero di maglia (appena liberato da Victor Moses, tornato al Chelsea). Il numero 11 che fu di Mihajlovic per due anni. Entrambi difensori prestanti dal punto di vista fisico nonostante l’età avanzata da fine carriera agonistica. E con un piede sinistro fuori dal comune per potenza e precisione. Mihajlovic, centrale di regia, utilizzato con il contagocce dall’amico Roberto Mancini – di cui divenne vice in panchina – ma prezioso per battere le punizioni più importanti di quel biennio. Kolarov, esterno sinistro già impostato da terzo di difesa, pronto a essere utilizzato con il contachilometri tarato da Antonio Conte in base alle necessità tecnico-tattiche della sua formazione. Un jolly di esperienza ma fondamentale dentro e fuori dal campo, senza dubbio. Il fatto di essere capitano (ancora per poco, avendo programmato il ritiro dalle scene internazionali) della Nazionale Serba è un valore aggiunto per un leader davvero silenzioso come lo è Kolarov.

FINALMENTE NERAZZURRO – Mihajlovic è arrivato all’Inter dopo 55 gol “italiani” (7 con la Roma, 15 con la Sampdoria e 33 con la Lazio), oltre ai 10 in nazionale (Jugoslavia, poi divenuta Serbia). Un bottino di 65 gol, esagerato per un difensore centrale, ma non per un fenomeno del calcio da fermo come lo era – e lo è tuttora! – il buon Sinisa. E ne ha messi a segno altri 6 prima di appendere gli scarpini al chiodo. Kolarov ci arriva dopo 30 (11 con la Lazio e 19 con la Roma), ma ben 21 “inglesi” (Manchester City) e 11 in nazionale, quindi 62. Escludendo quelli in Patria, altro bottino interessante per un elemento difensivo, che vorrà sicuramente fare meglio del suo maestro prima di lasciare il calcio e la maglia nerazzurra. Le premesse sono buone, considerando che Kolarov ha iniziato a segnare con più regolarità nell’ultimo biennio giallorosso, a differenza di Mihajlovic che nell’ultimo biennio biancoceleste aveva quasi dimenticato come fare. Ma oggi Kolarov non arriva all’Inter per i gol, anzi. A Conte il compito di farlo esaltare ancora partendo dall’amata fascia sinistra. Fascia sinistra in cui Kolarov avrebbe potuto sgroppare in maglia Inter già tanti anni fa, nel 2008, dopo la prima stagione in Serie A tra le fila della Lazio. Aveva solo 23 anni sulla carta d’identità e 3 gol all’attivo. In 12 anni ne ha aggiunti altri 59 ma nessuno in maglia Inter. Un acquisto ritardato come pochi, perché sarebbe potuto arrivare sotto José Mourinho e diventare protagonista da terzino sinistro oltre un decennio fa. Chissà se con Conte riuscirà a togliersi ugualmente qualche soddisfazione personale e collettiva. Benvenuto all’Inter (2020), Aleks.

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